I Loricaridi
//
APPROFONDENDO LE NOSTRE CONOSCENZE SUI LORICARIDI
Vladimir Xavier Simões, 31 anni, laureato in Pubbliche relazioni (FAAP/SP), residente a Ribeirão Preto, SP, Brasile.
Aquariofilo dai 14 anni, autodidatta e specializzato in varie aree dell’acquariofilia di acqua dolce.
Contatti : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Premessa
Nonostante abbia fatto questo lavoro con il massimo impegno e con la migliore buona fede, non mi assumo alcuna responsabilità né do alcuna garanzia a chiunque volesse utilizzare qualsiasi informazione qui scritta. L’ambiente degli acquari ed i pesci in queste condizioni, infatti, presentano caratteristiche talmente complesse ed imprevedibili,che è di conseguenza impossibile determinare regole infallibili.
1. Pesci di fondo: realtà e mito – funzioni in acquario.
Presenti nella maggior parte degli acquari ornamentali moderni, i pesci di fondo si dividono in varie specie e in varie famiglie. In Brasile vengono comunemente chiamati "mandizinhos", "bagres", "cascudos" ecc.
Caratteristiche comuni: la vita nei più bassi strati della colonna d’acqua (dove trovano cibo e riparo),una certa tendenza alla vita notturna e l’avversione alla luce (fotofobia).
Nell’ambiente artificiale dell’acquario, i pesci vengono inseriti per soddisfare un nostro gusto personale (bellezza,ferocia,sfida ecc.),o per assolvere ad una data (spesso supposta) funzione. Sicuramente la maggior parte dei pesci di fondo è presente in acquario per questo secondo motivo, più “pratico”. Le funzioni più comunemente attribuite ai pesci di fondo sono: eliminazione di detriti dell’acquario; eliminazione e/o controllo di eccesso di alimentazione; eliminazione e/o controllo delle alghe in acquario.
Le prime due funzioni attribuite ai pesci da fondo, sono il risultato di convinzioni assolutamente equivoche,vere leggende o credenze popolari, ampiamente sconfessate, secondo le quali questi pesci, ingerendo detriti organici costituiti da eccesso di alimenti non mangiati da altri pesci e depositati sul fondo dell’acquario, contribuirebbero a mantenere pulito un acquario.
Queste convinzioni possono portare a pericolosi equivoci. L’eccesso di alimentazione non può essere infatti corretto attraverso l’introduzione di ulteriori pesci, ma semplicemente fornendo minor quantità di alimenti e/o sifonando gli eccessi dopo poche ore che i pesci hanno mangiato. I pesci di fondo potranno certamente mangiare i resti, ma questo sposterà semplicemente il problema nella maggior produzione di escrementi da parte di tali pesci, oppure potranno non mangiare del tutto i resti ed in questo caso alla produzione di feci da parte dei pesci di fondo si aggiungerà la decomposizione del mangime non consumato.
L’eccesso di alimentazione si traduce quindi  in un aumento del quantitativo di composti organici introdotti in acquario, e di conseguenza in un aumento di quantità di composti azotati disciolti in acqua. Tali composti azotati andranno in fretta a destabilizzare l’acquario, avvelenando i pesci. In tal senso conviene approfondire l’argomento leggendo un articolo sull’ammoniaca, nitriti e nitrati.
I pesci di fondo, mangiando parte o tutta la quantità di cibo che si deposita sul fondo, in un certo senso contribuiscono ad una necessità estetica dell’acquario, ma non essendo  in grado di eliminare totalmente queste sostanze  aiutano ben poco l’equilibrio biologico e chimico dell’acquario. Gran parte di quello che mangiano continuerà infatti ad essere presente in acquario, in una forma o in un’altra, e la sua decomposizione si presenterà sempre sotto forma (principalmente) di ammoniaca (NH3/NH4+) e nitriti (NO2), entrambi estremamente tossici per i pesci, anche in piccolissime concentrazioni. Si consideri infine che i resti degli alimenti non costituiscono una alimentazione adeguata per questi pesci, ma di questo parleremo dopo.
Il secondo equivoco si riferisce alla convinzione che i pesci da fondo mangino escrementi. Non lo fanno e di conseguenza mai toccheranno o mangeranno escrementi, di qualsiasi origine siano. L’unica specie di pesce (che conosco) che eventualmente si alimenta di feci è lo Scatophagus sp. Originario del sud-est asiatico delle regioni di acqua salmastra, è un pesce che con la crescita diventa estremamente vorace,  mangiando tutto quello che vede,(pesci, piante e… feci). La necessità poi di condizioni speciali, fa sì che la scelta di questo pesce non sia una opzione percorribile per eliminare i detriti in acquario. L’unica scelta per eliminare i detriti continua ad essere un buon filtraggio e il cambio d’acqua frequente e regolare.
La terza funzione poi, comunemente attribuita ai pesci di fondo è il controllo e/o eliminazione delle alghe, nel convincimento che questi pesci abbiano nelle alghe l’alimento base, o parte esclusiva nella loro alimentazione. Questo convincimento, come vedremo di seguito, può essere parzialmente errato, in funzione della specie in questione.
Per le prime, equivocate, due funzioni, possiamo prendere in considerazione molte specie di fondo. In particolare le varie specie di corydoras (famiglia dei Callittidi—Callichthydae), tutti i sudamericani e gli asiatici botia,i kuhli (rispettivamente Botia sp. e Acanthophtalmus sp. -- família Cobitidae) ed affini.
Per la terza funzione invece vengono quasi sempre utilizzati i pesci della famiglia dei Loricaridi (Loricariidae), comunemente chiamati “cascudos” in Brasile (“pesci ventosa” in Italia ndr. ).Come già abbiamo detto,e approfondiremo in seguito, anche qui è facile l’equivoco.
2. I “cascudos”: generale
In Brasile questi pesci ricevono molti nomi popolari ed è comune avere nomi differenti per lo stesso pesce a seconda della regione in cui ci si trovi. Il pesce che a SP è chiamato da sempre “cascudo” può assumere il nome “mandi”, “bagre” o “acarí” a seconda della regione. Il nome “cascudo” (o “acarís”), infatti è comunemente attribuito a quei pesci che hanno la pelle rugosa e la bocca a forma di ventosa, quindi anche a molti altri pesci di fondo senza parentela diretta con questi. Mi è capitato, ad esempio, di incontrare persone che chiamavano “cascudo” i corydoras (Calictídeo)….
In questo documento,il termine “cascudos” è’ riferito all’ intera famiglia dei Loricariidae ( non ad una singola specie in particolare), e per questo viene scritto tra virgolette.
La famiglia dei Loricaridi (italianizzazione del termine latino/nome scientifico) è presente originariamente esclusivamente nel continente Americano, principalmente nel Sudamerica (dal limite costituito dall’Oceano Atlantico al confine della Cordilheira delle Ande), nell’America centrale (es. Sturisoma), anche se in bassa concentrazione, mentre non è presente nell’America del nord. La maggior concentrazione e varietà di specie si trova in Amazzonia. [Ancorché limitata originariamente all’America del sud/centro, data la sua enorme adattabilità, oggi può essere incontrata in condizioni totalmente differenti, a seguito dell’azione umana, in luoghi come Singapore, Australia, Hawaii, Texas e Florida]
I Loricaridi devono il loro nome portoghese “cascudos” alla vera e propria corazza che ricopre il loro corpo: sono piccole placche ossee conformate a mo’ di squame, che percorrono il corpo in più file (da tre a quattro file) e conferiscono un’apparenza visiva e una sensazione tattile liscia (in un certo senso, ricorda molto la pelle dei pesci cani). Questa “armatura”, generalmente, ricopre solo la parte “superiore” del pesce, lasciando il ventre o “pancia” con la pelle liscia.
[Osservazione: Anche i Callittidi (corydoras, “tamboatás”, “brochis” ed affini), parenti prossimi dei Loricaridi, presentano assenza di squame e corpo rivestito da placche ossee. Queste sono però distribuite solo su due file longitudinali, articolate dai denticoli lungo la linea laterale, coprendo tutto il dorso dei pesci, e dall’area della testa fino alla base caudale. Anche nel caso dei Callittidi la zona del ventre è “nuda”.]
Come conseguenza di questa caratteristica “corazza”, i Loricaridi hanno uno strato molto meno spesso (in alcuni casi addirittura assente) di muco epidermico esterno a ricoprire le squame (dei pesci con squame) e quindi non “sguisciano” alla presa come altri pesci.
Molto probabilmente questo è il motivo per cui i pesci di questa famiglia (così come i Callattidi) non tollerano la presenza di sale in acqua (principalmente NaCl), che può ucciderli per disidratazione. Questo fenomeno è probabilmente dovuto alla grande differenza osmotica che si viene a creare tra i fluidi interni del pesce e l’acqua esterna, a cui questi pesci non sono in grado di adattarsi, morfologicamente e fisiologicamente. Questa differenza osmotica infatti fa sì che i fluidi interni del pesce, a concentrazione ionica minore, siano “attratti” all’esterno,a concentrazione ionica maggiore (acqua salata), disidratando così il pesce. E’ possibile che la morte avvenga per ingestione di acqua salata (per tentare di compensare la perdita di fluidi interni),ingestione che può provocare alterazioni nella pressione del sangue ed in altri parametri fisiologici.
Forse questa spiegazione è corretta, ma fatto sta che molte (se non la maggior parte) delle specie dei loricaridi non sopportano la presenza di sale in acqua. Quindi evitate questa esperienza/rimedio: può terminare in tragedia, ed è sempre meglio non rischiare.
Oltre la “corazza”,sono due le altre caratteristiche comuni a tutti i loricaridi: la bocca a forma di ventosa e la vescica natatoria ipofunzionante (atrofizzata).Per il resto è più facile incontrare differenze che somiglianze. Partendo dall’ordine dei Siluriformi, la famiglia dei Loricaridi (Loricariidae) contiene più di 70 generi, con più di 600 specie descritte, delle quali 450 già definitive; E’ la famiglia più grande di pesci di fondo neotropicali, ed è di poco superata, quantitativamente, dalle specie di Ciclidi, Caracidi e Ciprinidi.
I loricaridi sono generalmente classificati in cinque sotto famiglie:
a) Ancistrinae: contiene la maggiore quantità di generi tra i loricaridi,di cui gli Ancistrus sp. sono i più famosi,conosciuti e numerosi con i caratteristici “barbigli” che circondano la bocca e/o branchie e sono presenti anche sulla testa e/o “muso”; altri componenti della sottofamiglia sono :Acanthicus sp.; Baryancistrus sp.; Chaetostoma sp.; Cordylancistrus sp.; Dekeyseria sp.; Dolichancistrus sp.; Exastilithoxus sp.; Hemiancistrus sp.; Hopliancistrus sp.; Hypancistrus sp.; Lasiancistrus sp.; Leporacanthicus sp.; Leptoancistrus sp.; Lithoxus sp.; Megalancistrus sp.; Neblinichthys sp.; Panaque sp.; Parancistrus sp.; Peckoltia sp.; Pseudacanthicus sp.; Pseudancistrus sp.; Spectracanthicus sp.; Scobinancistrus sp.; Pterygoplichthys sp. (sinônimo: Glyptoperichthys).
b) Hypoptopomatinae: abbraccia la maggior parte dei cascudos-nani o “pulisci vetro”. Si dividono in due rami:
• Ramo Farlowellini: Aposturisoma sp.; Farlowella sp.; Harttiini sp.; Cteniloricaria sp.; Harttia sp.; Harttiella sp.; Lamontichthys sp.; Pterosturisoma sp.; Sturisoma sp.; Sturisomatichthys sp.; Metaloricaria sp..
• Ramo Hypoptopomatini: Acestridium sp; Hypoptopoma sp.; Microlepidogaster sp.; Nannoptopoma sp.; Oxyropsis sp.; Otocinclus sp.
c) Hypostominae: i “cascudos comuni”, più frequentemente incontrati in acquario: Hypostomus sp., Cochliodon sp.; Aphanotorulus sp.; Isorineloricaria sp.
d) Loricariinae: in Brasile, i più comuni sono gli "acarís" (Rineloricaria). Hanno il corpo molto allungato e sottile e molti presentano nella pinna caudale il prolungamento di uno o ambo i raggi più esterni. Nel caso del prolungamento di un solo raggio, il più alto, questo appare come un “frustino”. Le pinne pettorali/ventrali sono abbastanza sviluppate mentre non presentano pinne adipose. Questi pesci hanno l’abitudine di rimanere interrati nella sabbia lasciando fuori solo gli occhi, protuberanti. I rappresentanti della specie Farlowella hanno un corpo tanto allungato ed esiguo da confondersi facilmente con i rami degli alberi, mimetismo ancor più enfatizzato dall’abitudine di stare ore appesi “a filo” completamente nascosti; I pesci appartenenti a questo genere, insieme con lo Sturisoma, hanno un curioso “muso allungato”, molto sensibile e con l’aspetto di una piccola “narice”.
I vari generi appartenenti a questa sotto famiglia si suddividono in tre rami:
• Ramo Farlowellini: Aposturisoma sp.; Farlowella sp.
• Ramo Harttiini: Cteniloricaria sp.; Harttia sp.; Harttiella sp.; Lamontichthys sp.; Pterosturisoma sp.; Sturisoma sp.; Sturisomatichthys sp.; Metaloricaria sp.;
• Ramo Loricariini: Hemiodontichthys sp.; Limatulichthys sp.; Pseudoloricaria sp.; Loricariichthys sp.; Brochiloricaria sp.; Crossoloricaria sp.; Loricaria sp.; Paraloricaria sp.; Pseudohemiodon sp.; Rhadiniloricaria sp.; Ricola sp.; Reganella sp.; Dasyloricaria sp.; Ixindria sp.; Rineloricaria sp.; Spatuloricaria sp..
e) Neoplecostominae: al momento, praticamente sconosciuto nel mondo dell’acquariofilia, è stata scoperta da pochissimo tempo (1990 circa). Possiede, a differenza delle altre sotto famiglie, le caratteristiche placche ossee abbastanza sviluppate, anche nella regione ventrale. A parte questo, per il resto, somiglia molto all’Hypostomus. Questa sotto famiglia comprende i generi Hemipsilichthys sp.; Isbrueckerichthys sp.; Kronichthys sp.; Neoplecostomus sp.; Pareiorhina sp..
[Osservazione: sembra che, recentemente (1998-99), ci sia stata una proposta di riclassificazione tassonomica, che dovrebbe dare origine ad una serie di cambiamenti e alla creazione di una nuova sotto famiglia, ancora senza un nome definito, che conterrebbe i seguenti generi: Delturus sp.; e Upsilodus sp.. La sottofamiglia Ancistrinae sarebbe considerata quindi solo come “ramo” della sotto famiglia Hypostominae. Il gruppo Pterygoplichthys diventerebbe una nuova sotto famiglia, in conseguenza alle sue caratteristiche morfologiche che attualmente lo collocano a metà strada tra Ancistrinae e Hypostominae. Nella sotto famiglia dei Pterygoplichthys, sarebbero compresi il genere Pterygoplichthys e un altro, ancora non totalmente descritto, ma in relazione col gruppo Hemiancistrus annecten (Armbruster ,1998).
Non abbiamo adottato questa classificazione perché è stata appena proposta, e quindi non è ancora stata accettata dalla comunità scientifica internazionale.]
 
Nonostante la grande varietà di specie,ognuna con proprie abitudini, dimensioni, habitat, alimentazione ecc. esistono molti aspetti comuni tra esse. Proprio questi aspetti comuni saranno oggetto di trattazione nei prossimi paragrafi,insieme alle indicazioni generali per il mantenimento dei pesci di questa famiglia. [Per i pesci abitualmente in commercio, ho evidenziato alcune considerazioni in accordo sia con quanto contenuto nella bibliografia utilizzata sia con la mia esperienza individuale]
3. Forma e Funzione :
adattamento all’Ambiente..
La maggior parte dei Lorícaridi proviene da habitat che presentano acque correnti (e quindi fortemente ossigenate),con scarsa offerta di alimenti e che difficilmente offrono una formazione di plancton sufficiente,in questa condizione,a formare una catena alimentare di base. Così i Lorícaridi si sono adattati a tre fonti principali di alimentazione: alimenti caduti in acqua dall’esterno (frutta, foglie, tronchi ecc.), alghe che crescono sul fondo, argini, pietre, tronchi e  microprede quali vermi, piccoli crostacei, insetti, larve, uova, avannotti ecc che però costituiscono generalmente un complemento alimentare alle fonti di cibo principale (le prime due).
Possiamo notare che, ad eccezione della micropredazione, questi alimenti possiedono in massima parte caratteristiche comuni quali l’origine vegetale, la bassa qualità e quantità calorica e, principalmente, non sono comuni con nessun ’altra specie acquatica.
Considerando che la micropredazione è caratteristica di poche specie e, al contempo, per la maggior parte di esse rappresenta appena un complemento dell’alimentazione, i pesci di questi habitat che hanno dovuto adattarsi a questa dieta alimentare, affrontano un serio problema: come ottenere quantità sufficienti di alimenti per mantenere una condizione vivibile? Questo problema è aggravato dal fatto che,vivendo in acque riccamente ossigenate,il metabolismo accelerato che questi pesci hanno per svilupparsi aumenta di conseguenza la quantità/qualità di alimenti che devono essere consumati.
L’alternativa di un altro regime alimentare (predazione)non è praticabile,in quanto questa nicchia è già occupata da altri pesci più specializzati. Pertanto, l’unica soluzione è l’aumento quantitativo di cibo ingerito, utilizzando il metabolismo accelerato come fattore positivo: maggiore rapidità nella digestione degli alimenti, maggiore frequenza di alimentazione, praticamente un pasto continuo…una vera “linea di processo” degli alimenti!!!!
In concomitanza all’adattamento a questo regime alimentare, questi pesci sono andati mutando il loro comportamento, restando sempre più stazionari per alimentarsi. Questo porta ad una serie di vantaggi: si economizza energia, aumenta l’efficienza meccanica dell’ingestione degli alimenti, necessaria per mangiare enormi quantità e si richiama meno l’attenzione di predatori e concorrenti. Ma al contempo implica un problema cruciale: come mantenersi attaccati all’alimento e vincere la forte corrente, senza un’enorme dispendio di energia?
Per ottenere questo risultato la vescica natatoria è andata perdendo la sua funzione, la  bocca ha mutato forma, assumendone una migliore per realizzare questo compito: un insieme di denti a forma di raspa, necessari per raspare alimenti generalmente molto duri da masticare, e proprio per questo non appetibili da nessun altro pesce.
Questo tipo di bocca, porta un ulteriore vantaggio: non solo il pesce può trovare contemporaneamente appoggio e sostentamento attaccandosi agli alimenti, ma può affrontare correnti d’acqua maggiori, il che espande la sua nicchia alimentare e di sicurezza. I concorrenti, infatti, non possono raggiungere gli alimenti situati in ambienti con forti correnti (e men che meno aggrapparsi ad essi!) e la maggior parte dei predatori non può vincere tali correnti minacciando i Lorícaridi,i quali, invece, in virtù della bocca a ventosa, aderendo a rocce, rami ecc., (vincendo così la corrente), possono alimentarsi al sicuro da eventuali pericoli.
Altri fattori evolutivi, di adattamento all’ambiente, sono:  la forma del corpo,divenuta sempre più schiacciata quindi idrodinamica;la copertura con placche ossee della pelle (ottima per avventurarsi tra pietre e tronchi, come per “scoraggiare” e proteggersi dalla maggior parte dei predatori), ed infine il colore diventato mimetico con il fondo dei fiumi, pietre, tronchi, foglie, ecc.
Infine le abitudini  notturne di questi pesci, secondo me, sono funzionali ad un aspetto  “esplorativo”. Durante il giorno, il pesce si nutre attaccato ad un “alimento” qualsiasi (frutto, tronco, pietra con alghe ecc.). La notte, data la minore presenza di predatori, è il momento sicuro per esplorare nuove fonti di alimentazione e per realizzare la micropredazione con maggior efficienza (chi ha avuto delle deposizioni di Scalari o Discus totalmente decimate durante la notte, con le luci spente, a causa di un Loricaride sa’ di cosa sto’ parlando……).
Altre caratteristiche anatomiche (per la maggior parte delle specie) di questa famiglia sono:
- Testa “schiacciata”;
- Pinne dorsali e pettorali con grandi primi raggi;
- Apertura oftalmica a forma di “omega” o “U” che molte specie presentano, per il controllo della luminosità all’interno dei loro occhi;
- Veri “aghi” in basso alle branchie (in molte specie), che sono visibili quando il pesce si sente minacciato (possono causare ferite ad acquariofili distratti!!);
– Presenza di grandi feritoie nasali sopra la regione del “muso”, che costituiscono una sorta di “faro”  aiutando il pesce nella localizzazione degli alimenti.
4. Alimentazione:
qualità, quantità e pericoli (evitando eccessi e carenze)
Già abbiamo parlato delle principali caratteristiche alimentari dei Lorícaridi in natura: alimenti essenzialmente vegetali, bassa qualità calorica, necessità di grandi quantità.
Ma... in acquario???
Nella maggior parte dei casi un “pesce ventosa” viene inserito,allo scopo di “combattere le alghe”. La maggior parte dei Lorícaridi ci aiuterà in questo, più o meno efficientemente a seconda della specie del pesce, dell’offerta di alghe, dell’offerta di altri alimenti, dello stato di salute iniziale del pesce, dei fattori ambientali, della competizione ecc.
Le necessità alimentari di questi pesci comprendono principalmente un’ enorme quantità di alimenti vegetali fibrosi,necessari per mantenere l’intestino in perfetta efficienza ( Questi pesci praticamente mangiano….e defecano per 24 ore al giorno). Chi ha già avuto l’opportunità di verificare, è rimasto sicuramente impressionato dall’enorme quantità di feci prodotte da questi pesci.
L’assenza di fibre in quantità sufficiente nella dieta di questi pesci può portare, rapidamente, a seri blocchi intestinali e generalmente alla morte.
Un caso molto più comune è la mancanza di alimenti in quantità sufficiente. In genere questo accade quando l’acquariofilo, non conoscendo le necessità di questo pesce, si fida delle “vecchie credenze popolari” del tipo “per la sua alimentazione bastano i resti del mangime degli altri pesci e/o le alghe del suo acquario”. Uno dei primi segni di carenza di alimentazione si può notare quando il pesce comincia a mangiare non solamente le alghe che crescono sopra le foglie delle piante, ma le foglie stesse, generalmente raspando fino al tallo!!!! Un secondo segnale si può notare quando il pesce comincia ad “attaccare” altri pesci, cercando di “mettersi” sopra, nel tentativo di succhiare il loro muco….
Questo indica una cosa sola: il pesce è disperato dalla fame!!!! E l’acquariofilo farà bene a prendere i necessari provvedimenti.
Un metodo per controllare lo stato di nutrizione è l’osservazione della forma dell’addome del pesce: se è concavo, “in dentro”, mostra un aspetto “magrolino”, qualcosa va male o il pesce ha qualche forma di malattia.
Normalmente l’addome deve avere un aspetto convesso, come se il pesce avesse una “pancetta grassottella”. A differenza della maggior parte delle altre specie (nelle quali questo aspetto indica vermi e/o costipazione o infezioni), per i Loricaridi questo è un buon segnale. Inoltre i Loricaridi devono avere un comportamento sempre “selvaggio”, rapido, in allerta: fuggire alla disperata quando sorpresi è un eccellente segnale di salute. Le pinne devo essere “aperte”, mai chiuse. Il suo colore deve essere forte, scuro, ma mai sbiancato o nero (eccetto quelli che sono originalmente neri!!!). I suoi occhi non devo presentarsi “affondati”, ma leggermente “esterni” alla testa.
Paradossalmente, anche se questi pesci preferiscono vivere in ambienti scuri od ombrosi, in acquario converrà avere un livello di illuminazione tale che ci sia comunque una formazione sufficiente di alghe per mantenere un minimo di alimento per il pesce, anche se questa non sarà sufficiente e dovrà essere completata dall’acquariofilo, pena il rischio di vedere il pesce morire di fame.
Questo è uno dei principali motivi che porta gli acquariofili ad avere solo in esemplare in vasca: la territorialità comune ai loricaridi (che però varia enormemente tra le varie specie: gli Otocinclus sono estremamente pacati, alcuni Ancistrus hanno una elevata aggressività intraspecifica) viene esaltata dalla loro efficienza nel “divorare” le alghe. Difficilmente, infatti, ci sarà una quantità di alimenti sufficiente per più di un “pesce ventosa”; ciò provoca un livello di stress maggiore e, di conseguenza, una territorialità maggiore (nella competizione per il territorio, chi domina un’area maggiore teoricamente ha accesso a maggiori quantità di alimenti).
L’integrazione alla dieta dei Loricaridi servirà quindi sia ad assicurare la salute dei nostri beniamini, sia la “pace” nella vasca.
Come già abbiamo detto, si deve dare preferenza agli alimenti di origine vegetale, ricchi di fibre, ad esempio zucca, cetriolo, zucchine, lattuga, cavolo, fagiolini verdi, piselli ecc. Molto utilizzata anche la patata, anche se, non essendo tanto ricca di fibre, deve essere utilizzata in minore quantità.
Questi alimenti vanno somministrati crudi e freschi (o scongelati), tagliati in piccoli pezzi o fettine, regolarmente tutti i giorni o al minimo ogni 2/3 giorni. L’osservazione ci permetterà poi di stabilire quali siano i più graditi e quale sia la quantità giusta da somministrare (l’ideale è che il cibo sia mangiato nell’arco di un giorno). Se il cibo galleggia, va bloccato con qualcosa di pesante in modo che affondi. Si raccomanda di non usare oggetti metallici od oggetti affilati o appuntiti; i primi possono liberare in acqua sostanze tossiche per i pesci,i secondi possono ferirli gravemente!!!. Un buon metodo consiste nell’ incollare con del silicone da acquario, un pezzo di plastica o l’asta di legno del gelato ad una pietra e legare l’alimento a questa pezzo di plastica o legno; in alternativa è possibile anche legare la pietra all’asta di legno utilizzando un elastico.
E’ preferibile alimentarli immediatamente prima dello spegnimento delle luci e ritirare il cibo non mangiato al massimo 24 ore dopo averlo introdotto.
Altro fattore che costituisce quasi un obbligo nell’allevamento di questi pesci, è la presenza di tronchi naturali utilizzati sia come appoggio, sia, per molte specie, come alimento. Nello stomaco di certe specie di Panaque infatti, sono stati ritrovati batteri che agiscono in maniera simile a quelli trovati nei tarli, digerendo e trasformando la cellulosa dei pezzi di tronco ingeriti, in sostanze digeribili per il pesce. Ma anche molte altre specie di Loricaridi mostrano di gradire molto i tronchi,e passano molte ore aggrappati ad essi “raspandoli”. E’ molto probabile, pertanto, che questo meccanismo simbiotico esista anche per altre specie di loricaridi,il che ci spinge a raccomandare sempre l’utilizzo di tronchi in acquari da essi popolati, sia come mero “esercizio”, sia come appiglio, sia come fonte di alimento e fibre.
Escluse specie esclusivamente vegetariane, come gli Otocinclus, Rineloricaria, Farlowella o molti Ancistrinae e nonostante gli alimenti di origine vegetale costituiscano comunque la parte principale della dieta della maggior parte delle specie, è anche sicuro che tutti i loricaridi beneficiano di una certa quantità di alimento di origine animale nella loro dieta. Addirittura per molte di queste specie (micropredatori) l’integrazione con cibo di origine animale si dimostra necessaria. In questa ultima categoria incontriamo molti Hypancistrus, Panaques, Hypostomíneos. Per questi pesci è d’obbligo integrare la dieta con somministrazioni almeno settimanali di:vermi di terra, Artemia adulta viva/congelata, vermi e larve varie, vermi rossi, dafnie (pulce d’acqua), paté di fegato e/o cuore di bovino ecc. (Si raccomanda comunque di effettuare questa integrazione solo se il pesce sta ricevendo una alimentazione equilibrata in termini di vegetali e fibre).
Non sono solo gli adulti a richiedere una certa attenzione: i figli di quasi tutte le specie di loricaridi necessitano di essere alimentati con naupli di artemia durante le loro prime settimane di vita. In un ottica mirata alla riproduzione anzi, queste integrazioni sono essenziali (maggiori dettagli saranno riportati di seguito, nel paragrafo specifico).
Infine, una riflessione polemica riferita a molti alimenti commerciali, specifici per i loricaridi e/o pesci da fondo in generale, presenti nel mercato acquariofilo. Nella maggior parte di questi alimenti il contenuto di proteine animali è elevatissimo, maggiore di quello di qualsiasi fonte alimentare che questi pesci possono incontrare in natura e a cui si possono adattare (In natura un caso del genere si verifica solo quando trovano carcasse di pesci morti, che è una delle cose che evitiamo nei nostri acquari…).Questi cibi presentano, infatti, un contenuto di proteine animali maggiore del 30% del peso totale, che è sicuramente più indicato per altre famiglie di pesci da fondo,molte con un comportamento alimentare esclusivamente predatorio come Callichthyidae, Pimelodus, Bagrídeos etc.
L’uso frequente di questi cibi può portare perciò ad un sovraccarico del fegato e dei reni dei loricaridi, nel disperato tentativo di metabolizzare ed eliminare questo eccesso di proteine,situazione che porta rapidamente il pesce ad un deterioramento della salute, malattia, morte.
Pertanto, questi cibi devono essere considerati come complemento sporadico e mai come base alimentare, che deve essere invece composta dai sopra citati vegetali freschi. Diverso il discorso per il cibo composto esclusivamente da vegetali/alghe, e che abbia un contenuto minore del 10% di proteine animali, il quale potrà essere offerto con maggiore frequenza.
5. Qualità dell’acqua ed ambiente ideale..
 
Questa famiglia si incontra con maggior frequenza nella regione Amazzonica. Valori dell’acqua: pH leggermente acido, durezza totale(GH) da bassa (0-5 °dH) a media  (5° - 15° dH), anche se molte specie sono originarie di acque leggermente alcaline (fino 7.4° pH), ma sempre con durezza permanente al massimo con valori medi (questo è dovuto principalmente ad un’alta ossigenazione dell’acqua per la forte corrente, che libera la CO2 nell’atmosfera).
E’ comunque da notare che, dato che vari autori riportano parametri ben differenti,che a mio modo di vedere indicano la variabilità degli habitat delle diverse specie, così come la loro estrema adattabilità, qualsiasi pH compreso tra 6,0 e 7,5 può essere accettato; deve essere evitata solo un’acqua con durezza da media ad alta (15-30° dH/GH).
Tuttavia una cosa è sicura: questi pesci non sono capaci di adattarsi ad un’acqua “inquinata”, ossia con alto tasso di composti azotati, originati dalla decomposizione organica (ammonio, nitriti e nitrati). La leggenda che questi pesci vivano in habitat con acque “sporche” deriva dal fatto che molti sono catturati in corsi d’acqua torbidi e fangosi (nulla più che particelle solide del substrato, in sospensione, che non significa acqua inquinata).
Pertanto, se vogliamo conservare i nostri Loricaridi in perfetta salute, è necessario mantenere i parametri dell’acqua sui valori ottimali (ammonio e nitriti a zero e nitrati con valori più bassi possibili ,attraverso un filtraggio efficiente e cambi regolari.
Altri fattori da evitare per mantenere una qualità ottimale dell’acqua sono la sovrappopolazione e la sovralimentazione della vasca, che portano rapidamente al “degrado” della qualità dell’acqua e alla conseguente morte dei pesci (si tenga presente che basta una piccola concentrazione di ammonio o nitriti,incolori e inodori).
Anche la temperatura dell’acqua varia molto da specie a specie. In generale, le specie amazzoniche richiedono temperature maggiori (tra 26 e 29°C, pur adattandosi a temperature sia maggiori che minori), mentre quelle della regione del Sud (e al contempo più comuni: Hypostomus plecostomus, Otocinclus sp., varie Rineloricaria) anche se si adattano a queste temperature più alte, preferiscono temperature da 22 a 26° C. Non si deve dimenticare che a temperatura più alta corrisponde un metabolismo del pesce più veloce, maggiore è la necessità di alimenti, maggiore la necessità di ossigeno (e minore la quantità disciolta in acqua!). Pertanto, si raccomanda di aumentare l’ossigenazione con l’aumento della temperatura!!!
Altro fattore che può contribuire al deterioramento della salute dei nostri loricaridi è lo stress derivante dalla mancanza di adattamento ad ambienti totalmente estranei e/o inadeguati.Tra le cause principali possiamo elencare :ghiaino “colorato”, illuminazione errata, presenza di specie incompatibili, eccesso di popolazione, disturbo costante ai pesci (smuovendoli, battendo sul vetro ecc.) e, principalmente, la mancanza di nascondigli adeguati e/o sufficienti.
Anche la corrente dell’acqua è importante: molte specie originano da ambienti a forte corrente e ne hanno necessità per sentirsi a proprio agio.
Una regola approssimativa per determinare se un Loricaride è originario di acque con correnti più o meno forti è quella di osservare lo “schiacciamento” del suo corpo: quanto più il corpo è schiacciato, tanto più il pesce ha bisogno di correnti forti per stare bene, anche se questa non è una regola fissa: se si osserva che il pesce evita aree di forte corrente d’acqua, va’ diminuita la corrente. Non va inoltre dimenticato che quanto maggiore è la necessità di corrente, tanto più alta è la domanda associata d’ossigeno in acqua.
I Loricaridi non hanno bisogno di una vasca con arredo specifico; basta un po’ di buon senso e considerazione per loro e tutto andrà bene. L’oggetto più importante si incontra nella maggior parte degli acquari: una radice di legno, o almeno una radice artificiale. Sono consigliate inoltre pietre più o meno scure per fornire riparo (soprattutto dal movimento fuori dell’acquario:il nostro movimento!!!), e/o aree ombreggiate. Nel posizionare le pietre si faccia in ogni modo attenzione al fatto che, dato che alcune specie di loricaridi scavano il substrato, le decorazioni pesanti possono, se mosse, schiacciare i pesci! Vasi rovesciati o tubi di plastica (atossica e preferibilmente scura) possono essere utilizzati come piccole tane artificiali in base alle specie in questione, come approfondiremo in seguito nel paragrafo della riproduzione.Gli “acarís” (Loricaridi), in generale, apprezzano un substrato arenoso (fino) o argilloso, dove, attraverso vigorosi movimenti laterali del corpo, hanno l’abitudine di interrarsi parzialmente, a mo’ di razze, lasciando solo gli occhi fuori; fanno questo per nascondersi dai predatori, mimetizzandosi,in maniera molto efficiente con il substrato. Una buona presenza di piante completa il quadro (indicate soprattutto per gli Otocinclus e Farlowella che si alimentano delle alghe che ci crescono sopra)
Riassumendo: acqua pulita, pH prossimo a neutro, durezza fino a media, molti luoghi di rifugio,preferibilmente tronchi naturali, ed avremo l’habitat ideale per questi pesci.
6. Il mito più grande:
loricaridi ed alghe, efficienza comprovata o pura leggenda?
Ascoltando diversi acquariofili, avremo le risposte più varie: da chi ha ottenuto ottimi risultati nel controllo delle alghe (arrivando in alcuni casi anche all’eliminazione totale), a chi ha avuto un completo insuccesso.La mia opinione è che i loricaridi, di qualsiasi specie siano, possono solo offrire una soluzione parziale del problema alghe (che comunque non è poco!).Chi ci racconta di esperienze positive con questi pesci o non aveva un problema serio con le alghe, o ha avuto fortuna. Chi ci racconta di esperienze negative molto probabilmente ha equivocato con la vera natura di questi pesci.
Come già detto nel paragrafo relativo all’alimentazione, non tutte le specie sono esclusivamente vegetariane, integrando le alghe, che sono solo una parte dell’alimentazione, con la micropredazione. Quando questi pesci sono sazi smettono semplicemente di mangiare. Questo vale anche per tutte le altre specie di loricaridi, inclusi i vegetariani, ed in generale per qualsiasi altra specie di pesce (nessuno mangia al di là della sua fame, o meglio, della capacità dello stomaco….contraddicendo un altro mito diffuso nell’acquariofilia, che “il pesce mangia fino a morire”…).
Quando l’acquario comincia a presentare problemi con le alghe, l’acquariofilo che ha inserito loricaridi per eliminare il problema, rendendosi conto che le alghe non spariscono, ricorre ad una soluzione molto comune:l’inserimento di altri loricaridi fino a che le alghe spariscono… “mangiate”. Di solito questo porta ad una situazione che all’acquariofilo sembra un successo (la sparizione delle alghe), mentre purtroppo è spesso una tragedia. I “cascudos” (come sono chiamati in Brasile), mangiando tutte le alghe originano una competizione squilibrata per questa o per qualsiasi altra forma di alimentazione. E’ quasi sicuro che questo porterà a morte i pesci più deboli, perché:
a) non c’è tempo per la formazione di nuove alghe: quello che nasce viene
subito divorato;
b) Spesso gli acquariofili non integrano neanche l’alimentazione di questi pesci
per “forzarli” a consumare subito le indesiderate alghe o semplicemente per
ignoranza delle necessità di questi pesci.
In questa maniera, solo i più forti sopravvivono. (rif. paragrafo 4, alimentazione, per i segnali di fame dei pesci).
L’ampliamento delle nostre conoscenze ci permetterà di “sfruttare” le caratteristiche di questi pesci, senza però farli correre rischi non necessari. Nella scelta della giusta specie di pesci da “utilizzare” si deve prestare attenzione a vari parametri:
* Scelta delle specie con dieta maggiormente vegetariana, in maniera da aumentare il numero delle alghe consumate. I pesci scelti abitualmente sono quelli del genere Ancistrus (ed affini), Otocinclus (ed affini), Farlowella o Rineloricaria.
* La taglia dei pesci. Gli Otocinclus sono molto piccoli (5cm al massimo) e, di conseguenza come abbiamo già visto, il loro appetito è proporzionale al loro stomaco, ossia molto poco.
Quindi, attenzione a non cadere nella tentazione di introdurre un numero esagerato di pesci nell’acquario che, esaurendosi presto le alghe disponibili, deperirebbero rapidamente per la mancanza d’alimenti. Vanno inoltre introdotti un po’ alla volta e con un certo intervallo (una o due settimane) tra gli inserimenti.
La quantità iniziale è strettamente dipendente dalle alghe presenti in vasca. Per una vasca fittamente piantumata e con forte presenza di alghe (sulle piante, sui vetri, sulle decorazioni) si può iniziare con quattro o cinque esemplari ogni 20 litri d’acqua.
Se la vasca non è fittamente piantumata o le alghe non sono così presenti, tale quantità va ovviamente ridotta.
Una regola di massima è quella di verificare se dopo l’introduzione si è avuta una riduzione della quantità di alghe. Se non c’è stata o addirittura le alghe sono aumentate si immettano altri 2 o 3 esemplari e si faccia un altro controllo.
* Eventuali esigenze “particolari”. Ci sono altre specie anch’esse molto efficienti nel controllo delle alghe, ma non molto indicate agli acquariofili poco esperti. Le Farlowella, per esempio, sono molto delicate, esigono, praticamente, acquari dedicati alla loro specie, con parametri molto specifici nella qualità dell’acqua.
Anche i più comuni in Brasile, le Rineloricaria, conosciute con il nome comune di “acari”, sono molto sensibili ai parametri dell’acqua, e va anche preso in considerazione le dimensioni che raggiungono da adulte, come d’altronde la maggioranza dei Loricaridi (da 15 cm in su, in media). Per questo motivo, non va dimenticato che, a causa della vescica natatoria atrofizzata, questi pesci non possono nuotare per lunghi tratti e avendo bisogno di posarsi sopra gli alimenti, a meno di prendere esemplari giovani e quindi piccoli sono impossibilitati a mangiare le alghe sopra le foglie più tenere o delicate.
Inoltre esemplari grandi di Loricaridi possono:
- o divorare le piante, una volta che hanno bisogno di una quantità
maggiore d’alimenti;
- o facilmente dissotterrare e/o danneggiare le piante con i loro
movimenti vigorosi e poco “posati”;
- o aumentare enormemente la quantità di escrementi nell’acquario.
Si consideri per questo che molte specie di Ancistrinae in acquario non oltrepassano i 10 cm.
* il tipo di alga che si sta tentando di eliminare.
Alghe azzurre (cianobatteri): Nessuna specie di pesce se ne ciba, e così deve essere, in quanto sono per la maggior parte tossiche, e potrebbero anche uccidere il pesce che le ingerisse.
Alghe rosse o “pelose”: fanno parte del menu alimentare dei Loricaridi solo quando sono piccole e/o cresciute di recente sopra piante, pietre, decorazioni ecc.; quando ben cresciute, solo i pesci della specie Epalzeorhynchus kalopterus (conosciuto in commercio come “flying fox, un ciprinide del sud est asiatico) sono riconosciuti capaci di “divorarle”.
Alghe verdi (attaccate come piccoli punti ai vetri dell’acquario) e marroni: I Loricaridi sono in grado di controllarne l’espansione, ma solo fino ad un certo punto.
Per controllare le alghe oltre ai Loricaridi possono essere utilizzate anche altre specie di pesci, quali ad esempio: i Pecilidi (portaspada -Xiphophorus helleri-, platy -Xiphophorus variatus e X. Maculatus-, molly -Poecilia lapitinna, P. velifera, o P. Sphenops), Lebiasinidi(pesce matita -Nannostomus sp.) e i Chilodus sp. Inoltre anche invertebrati come le lumache (con evidenza per le lumache malesi Melanoides tuberculata) e crostacei come gamberetti, con evidenza per il gamberetto “Takashi Amano” Caridina japonica.
In una vasca con Loricaridi, comunque,una certa presenza d’alghe è necessaria per una corretta alimentazione degli stessi, ragion per cui se la strada intrapresa fosse quella di una totale eliminazione, strada che implica l’utilizzo di altre tattiche e tecniche quali: controllo dei livelli di fosfati/nitrati nell’acqua, controllo dell’illuminazione, controllo del filtraggio,volume e frequenza dei cambi d’acqua (non ci si dimentichi delle spore libere in acqua), ecc, dovremmo porre una maggiore attenzione nell’alimentazione dei nostri “cascudos”.
Tornando a parlare di controllo delle alghe, in acquari con buona presenza di vegetazione, la specie che si è rivelata più adatta allo scopo è quella degli Otocinclus. In caso di minore presenza di piante, o di presenza di piante meno delicate,è possibile introdurre altre specie più grandi e “meno” vegetariane.
In sintesi non si sta sconsigliando l’impiego di Loricaridi come consumatori di alghe, purché si abbia sempre presente che questi pesci consumano alghe secondo le loro esigenze e non secondo i nostri desideri!
In definitiva i Loricaridi sono pesci simpatici, interessanti e carini (credo che molte persone li considerino brutti, solo perché non li conoscono bene). Meriterebbero di stare in qualsiasi acquario e di essere trattati bene come il resto degli abitanti. Danno un tocco di esotico,mangiano le alghe e i piccoli resti di alimenti che arrivano sul fondo dell’acquario e popolano spazi altrimenti vuoti.
7. Riproduzione:
tentativi ed errori, esperienza pratica e fortuna !!!!
 
Molti acquariofili mi domandano se sia possibile riprodurre in cattività determinate specie.
La mia risposta è sempre: “si, è possibile riprodurre qualsiasi specie in cattività”, basta che si abbia a disposizione tempo, soldi, ed un minimo di conoscenze sulle specie in questione. Per giudicare il successo o meno della nostra impresa però, è necessario avere ben chiaro qual è il nostro obiettivo, qual è la finalità di questa riproduzione.
Se l’obiettivo è il guadagno allora forse  è preferibile dedicarsi ad altre specie, in quanto è più economico  (almeno in Brasile) prendere/catturare il pesce in natura.
Ma se l’obiettivo è il piacere di essere il primo (o uno dei) ad averla ottenuta o  la possibilità di ottenere notorietà descrivendo scientificamente i comportamenti riproduttivi della specie o, infine,  la garanzia di aver contrastato il pericolo di estinzione della specie in natura….bene, allora possiamo iniziare a parlarne.
Anche nella famiglia dei Loricaridi esistono specie che in cattività si riproducono più facilmente e velocemente. In genere ciò avviene con le specie di minor grandezza, per tutta una serie di fattori: ambientamento nell’acquario, minimo volume d’acqua richiesto a tal fine, alimentazione, qualità dell’acqua ecc. Queste specie comprendono Ancistrus, Otocinclus e Rineloricaria, anche se  quanto segue è valido per la maggior parte delle specie della famiglia dei Loricaridi.
La prima cosa da verificare è l’esistenza di una coppia (con due maschi ad esempio la riproduzione è alquanto difficoltosa!). Le differenze tra maschi e femmine possono essere riassunte nelle seguenti caratteristiche:
a) forma del corpo: i maschi sono più robusti, le femmine più esili (sicuramente
nelle Rineloricaria, ma anche  nella maggior parte delle altre specie);
b) forma delle pinne pettorali: raggiunta la maturità sessuale, il primo raggio si
presenta pieno di noduli (denticoli) conici (a forma conica) nei maschi,
mentre rimane “liscio” nelle femmine;
c)  forma e conformazione della pelle: nei maschi, c’è una maggiore presenza
dei già citati denticoli conici. Questi sono al contempo di dimensione
maggiore rispetto a quelli presenti nelle femmine;
d) “groviglio di setole/barbigli”: sono abbondanti nel maschio, specialmente
nella zona del muso, testa, branchie, pinne pettorali, e nella parte
laterale/posteriore del corpo, mentre nelle femmine possono presentarsi
solo intorno alla bocca e/o ben più piccole (Maggiormente negli ancistrus,
ma anche in alcune altre specie, come la Rineloricaria);
e) Se non si riuscisse a riconoscere i sessi in base alle caratteristiche sopra
citate, c’è un’ultima possibilità: esaminare i loro organi genitali (sono
congiunti all’ano) con una lente d’ingrandimento. I maschi hanno la papilla
più piccola e a forma di punta, le femmine hanno la papilla (ovidotto) più
grande e di forma schiacciata. Questo metodo di riconoscimento è più sicuro
quando i pesci sono già pronti per la riproduzione,in quanto queste modifiche
sono già avvenute.
Per la riproduzione, tre sono i fattori di base su cui è necessario prestare la massima attenzione: parametri corretti dell’acqua; ambientamento corretto; e, principalmente, alimentazione corretta.
Se sono state seguite le raccomandazioni fornite nei precedenti paragrafi, non ci si dovrà preoccupare dei parametri dell’acqua in quanto questi saranno già impostati in maniera ottimale. E’ necessario invece approfondire gli altri due fattori :ambientamento ed alimentazione.
Per un corretto ambientamento è necessario fornire al pesce luoghi adatti alla deposizione o che, almeno, (e questo è il caso più frequente) permettano la “mimetizzazione” così come avviene in natura. La gran maggioranza dei Loricaridi depone in tane scavate nel fango sulle rive o sul fondo dei fiumi o laghi. Queste tane solitamente hanno la forma di tunnel o di piccole caverne. Pertanto, pezzi di questa forma in argilla o coccio devono essere introdotti nell’acquario per la riproduzione, ovviamente proporzionati alla dimensione dei pesci in questione. (come regola generica possiamo dire che le dimensioni minime devono essere approssimativamente due volte la larghezza del pesce e da due a tre volte la lunghezza del pesce). E’ anche possibile, a questo fine, utilizzare tubi di plastica o PVC, preferibilmente scuri, od anche grossi bambù, avendo cura di verificare che non siano presenti elementi taglienti, per evitare incidenti o ferimenti dei nostri pesci.
Molte altre specie necessitano (o si contentano) di differenti luoghi per la riproduzione e/o deposizione. Per varie specie di Ancistrus è sufficiente una noce di cocco, posizionata in posizione verticale, con l’apertura di lato.Ci sono anche specie (es. Rineloricalia) che si riproducono senza problemi, negli spazi tra le pietre o in piccole depressioni ai lati di queste o sui tronchi o sopra a pietre e foglie di piante grandi ecc.
Molte altre deporranno direttamente sopra qualsiasi superficie liscia,addirittura lo stesso vetro dell’acquario come Otocinclus e Sturisoma. E’ comunque sempre raccomandabile isolare solo una coppia, in un acquario dedicato, senza altri pesci.
Questi acquari da riproduzione devono avere un allestimento piuttosto semplice, con appena qualche roccia, o “artefatto” per la deposizione, non essendoci quasi mai necessità di piante o substrato. Gli acquari senza substrato sono più facili da pulire e in essi i “neonati” sono facilitati nel trovare il cibo (in genere artemia). L’illuminazione deve essere debole, ed i pesci non devono essere disturbati.
L’acqua, da tenera a mediamente dura, deve essere sempre mantenuta estremamente pulita mediante un buon filtraggio,che mantenga anche una certa corrente(senza esagerare) ed una buona ossigenazione, ad una temperatura di circa 25° C. A questo scopo è indispensabile effettuare cambi d’acqua (minimo del 25% settimanale; ideale del 10%-15% al giorno) per il mantenimento della “qualità massima”. Inoltre si raccomanda l’utilizzo di vasche con capacità minima di 60 litri (per le specie più piccole),avendo ben presente che quanto maggiore è il volume dell’acqua, tanto maggiori saranno le chance di successo.
Quanto all’alimentazione,dato che per questi pesci l’assimilazione di proteine (imprescindibili per la formazione di uova/spermatozoi) è molto lenta si consiglia di aumentare l’integrazione di proteine animali (non smettendo di fornire le stesse quantità abituali di vegetali fibrosi) fin da un mese prima del tentativo di deposizione. Ancora una volta, gli alimenti indicati sono artemia adulta, vermi ecc. (vedi paragrafo “Alimentazione”).
Generalmente nel processo di deposizione, la femmina entra nella tana scelta, depone qualche uovo ed esce, lasciando entrare il maschio che le fertilizza ed esce. Questo processo si ripete fino a che non finiscono le uova. A questo punto il maschio accudisce le uova 24 ore al giorno, fino a che i figli escono dal “nido” di propria volontà.
In media, alla temperatura indicata, la schiusa avviene 48 ore dopo la fecondazione, e gli avannotti cominciano a nuotare una settimana circa dopo la schiusa, quando il sacco vitellino è finalmente consumato per intero.
In questa fase è imprescindibile garantire ai piccoli, acqua estremamente pulita e una gran quantità/qualità d’alimenti. Occorrerà effettuare frequenti cambi d’acqua per mantenere la qualità dell’acqua nonostante la sovralimentazione. Piccole, ma frequenti dosi di naupli d’artemia schiusi da poco sono raccomandabili in questa fase critica, che termina a circa un mese di vita quando la resistenza degli avannotti aumenta di molto.
8. Caso reale:
la mia esperienza casuale nella riproduzione degli Ancistrus sp
L’acquario : 60 cm di lunghezza, 40 cm di larghezza e 50 di altezza, con FBF (filtro biologico da fondo), movimento assicurato da una pompa da 650 lt/h di portata; substrato composto da 50% di sabbia di fiume e 50% di ciottoli di fiume (piccole pietre con granulometria massima di 0,5 cm).
Temperatura di 26° C, acqua con pH 7,2, durezza di 4° DH. Decorazione costituita da molti tronchi, provenienti dai fiumi, molte piante, specialmente Vallisneria.
L’acquario è stato avviato per ospitare degli Apistogramma borellii, circa 5 maschi e 12 femmine. Avendo come obiettivo la loro riproduzione, ho introdotto tre piccoli vasi identici in cotto, di forma semisferica, di circa 7 cm di altezza e 8 cm di diametro, nei quali ho aperto una serie (da due a quattro) di fori nei lati e nel fondo. I vasetti sono stati inseriti nel fondo con le loro aperture interrate.
Erano già presenti in vasca due esemplari di Ancistrus dolichopterus, introdotti per un “controllo delle alghe”. L’intenzione era di rimuovere questi due esemplari, nel momento in cui gli Apistogramma avessero mostrato il caratteristico comportamento della formazione delle coppie e/o della riproduzione.
Gli Apisto venivano alimentati con cibo commerciale (Tetra Bits, tubifex liofilizzato, fiocchi di varie marche ), ed in maniera sporadica con artemie adulte vive o disidratate e larve di “pernilongo” vive. Circa due volte a settimana somministravo inoltre per gli Ancistrus il cibo commerciale Alcon Botton Fish.
Durante una delle mie consuete “ronde notturne” in cui mi sinceravo che tutto fosse a posto, prima di andare a dormire, ho notato che gli Ancistrus erano scomparsi. Di giorno era normale non vederli, ma di notte solitamente erano visibili.
Due giorni dopo, sempre durante la “ronda notturna”, vedendo la coda di uno dei due Ancistrus uscire da uno dei fori dei vasetti di cotto, ho creduto che fosse rimasto incastrato dentro. Illuminando bene, l’ancistrus è entrato del tutto e si è messo a guardarmi. Ho considerato, intuitivamente, che tutto andava bene, e che il pesce non correva nessun pericolo. Ho deciso quindi che, se il pesce fosse stato ancora lì la notte successiva avrei levato il vaso per liberarlo.
Il giorno seguente però vari impegni mi hanno fatto dimenticare del pesce “imprigionato” e solamente due giorni dopo facendo la consueta “ronda”, ho guardato meglio l’acquario prima di mettere la mano dentro l’acqua (tutto sommato è una colonna d’acqua di 45 cm e bagnarsi tutto il braccio, dopo aver levato coperchio e luci……già ero assonnato!!!).
Non ho trovato il pesce, ed verificando nuovamente il vaso… stava lì. Preparandomi all’ingrato compito, ho notato qualcosa di strano su uno dei vetri laterali: ho pensato fosse una lumaca. Guardando meglio, e più vicino, sorpresa: un mini-ancistrus!!!!
Il mio primo pensiero è stato “da dove viene questo pesciolino ?”. Non immaginavo la possibilità che fosse il frutto della riproduzione degli Ancistrus presenti in vasca: erano solo due pesci che per di più, in base alle loro differenze anatomiche, ritenevo di differenti specie; inoltre pensavo “i loricaridi non si riproducono in acquario”…
Ho guardato di nuovo, ho elencato tutte le cose introdotte recentemente in acquario: piante, decorazioni ecc…e nulla era stato introdotto da tre o quattro mesi. Su questo non avevo dubbi. A quel punto mi sono ricordato dell’ancistrus stranamente “imprigionato per propria volontà” nel vasetto…
Due giorni dopo, preso coraggio, ho voltato vigorosamente il vasetto: insieme all’Ancistrus c’erano 12 o 15 piccoli, di circa 0,5 cm di lunghezza. Altri due giorni e, abbandonato il vaso, curiosamente, si sono messi a passare la maggior parte del tempo sopra la pompa sommersa del FBF (forse per il calore prodotto).
Non sono riuscito a mantenerli per più di una settimana, forse per causa di una “esplosione” di cianobatteri, che ha ricoperto l’acquario, forse a causa di un attacco da parte del padre.
La mia considerazione è la seguente:la coppia di Ancistrus aveva approfittato delle condizioni che io avevo creato per la riproduzione degli Apistogramma (parametri dell’acqua, arredo dell’acquario, alimentazione ecc.). Per il resto è stata tutta fortuna, principalmente il formarsi di una coppia con solo due esemplari.
9. Acquisto dei Loricaridi
In conclusione, qualche consiglio per l’acquisto dei Loricaridi. Una corretta scelta influisce, infatti, in maniera determinante sulla longevità dei pesci nei nostri acquari, evitando una morte prematura dopo una o due settimane dopo l’acquisto.
E’ relativamente facile constatare come la maggioranza dei loricaridi in vendita sia malata o molto debilitata, in conseguenza di vari fattori. Le false “credenze popolari” (pesci estremamente resistenti che vivono in acque “sporche” e si nutrono di feci) fanno si che questi pesci siano spesso conservati in pessime condizioni di igiene, a temperature errate, alimentati in maniera non corretta.
Inoltre spesso durante il trasporto, i pesci sono lasciati a digiuno per vari giorni nell’intento di evitare che defecando eccessivamente, contaminino l’acqua dei recipienti di trasporto. Considerando anche che le necessità alimentari di questi pesci sono differenti, semplici cambi d’acqua, dopo una breve alimentazione, risparmierebbero molte vite.
Anche la cattura di questi pesci è realizzata in maniera irresponsabile, tanto in natura quanto dal negoziante. La comune pratica di schiacciare questi pesci con la rete contro il loro “appiglio” per evitarne la fuga può provocare serie lesioni interne (non visibili all’esterno, protetto dalla “corazza”) che portano alla morte del pesce anche dopo vari giorni, magari quando già si trova nel nostro acquario.
Quando acquisti un Loricaride spiega anticipatamente al negoziante che se, per prenderlo, schiaccerà il pesce lo rifiuterai. Non credere al (cattivo) negoziante se ti assicura che non succede nulla ai pesci se vengono “appena schiacciati”.
Osserva bene prima di comprare e indirizzati su pesci che:
* Presentino le pinne senza difetti/ferite/segnali di malattie (punti, macchie, lesioni, escoriazioni ecc.)
* Respirino normalmente (né molto rapidamente né molto lentamente)
* Siano vivaci ed agili nel nuoto
* Abbiano le pinne aperte quando sono fermi
* Si “fissino” con forza sul vetro della vasca, e non stiano “cadendo” o “abbandonandosi” (attenzione a non confondersi con il movimento intenzionale del pesce attaccato al vetro nell’alimentarsi)
* Non siano eccessivamente scuri
* Non siano troppo apatici nel momento della cattura da parte del venditore. Devono mostrare una certa resistenza ad essere catturati/inseguiti dal retino.
* Non siano molto “magri”: il loro addome non deve essere “convesso” o “all’indietro”, ma con una piccola “pancetta”. Nel caso della Rineloricaria accertarsi che non si presentino eccessivamente magri, visto che non è comune che abbiano tale “pancetta”.
10. Curiosità finali…
* L’Hypostomus sp. è una delle prime specie di pesce da fondo per acquari esportate e commercializzate, nell’Europa e negli USA,insieme con il Coridoras aeneus. Il luogo originario di cattura di questi pesci è l’Amazzonia venezuelana ed il Trinidat-Tobago. Questo all’inizio del XX secolo.
* Lo stesso Hypostomus è stato classificato da Lineu, l’inventore del sistema tassonomico, già nel secolo XVIII; gli era stato assegnato, all’epoca, il nome di Plecostomus plecostomus, ma nel 1968 fu riconosciuto come Hypostomus plecostomus, nome attualmente valido.
* Nonostante questo, gli acquariofili di lingua inglese chiamano non solo questa specie, ma gran parte dei Loricaridi, con il nome “Pleco” (abbreviazione di plecostomus), in funzione del fatto che è stato il primo Loricaride ad essere importato.
* Tra le comunità virtuali di acquariofili esiste una strana superstizione secondo la quale se il “nome” del pesce viene scritto per intero, il/i proprio/i pesce/i avrà/nno morte immediata senza spiegazioni… Pertanto, non bisogna rimanere colpiti se vengono scritti come “Pl*co”…
* Come molti membri della famiglia dei Loricaridi arrivano ad una dimensione considerabile in natura (60 cm o più), sono molto comuni nella culinaria delle popolazioni che vivono vicino ai fiumi, che sempre sottolineano come peculiarità la sua preparazione: non devono essere “puliti” (spinati), la carne ha un gusto cattivo, che ricorda la terra!!!
…ed un po‘ di etimologia…
 
* Il nome scientifico del vero “cascudo” (nome comune, per questi pesci, in Brasile), Hypostomus plecostomus, significa letteralmente “bocca schiacciata (a forma di piatto), nella parte bassa”, hypo= basso, nella parte bassa; stomus=bocca; pleco=schiacciato, a forma di piatto
* il nome Ancistrus deriva dal greco "agkhistron", che significa “gancio barbuto”, dovuto alla presenza dell’arco branchiale pieno di protuberanze, le quali, molte volte, si presentano sotto forma di spine; il pesce, quando è in una situazione di pericolo (dentro la bocca di un predatore o nel retino dell’acquariofilo) è capace di far scattare questi “ganci barbuti” fuori dalle sue branchie, “presentando le sue armi” ai nemici…
* il nome Farlowella è un omaggio a W.G. Farlow, dell’Università di Harward…
* Hemiancistrus significa, a sua volta, “mezzo ancistrus”; hemi=metà; quindi Hemiodontichthys (un genere della sottofamiglia Loricoriinae) vuol dire “pesce con mezzo dente”; hemi=metà; odon,odontos=dente; ichthys=pesce…
* Loricaria= “(casacco/testa di) armatura”; così Loricariichthys= ”pesce armatura”; Paraloricaria: Para=”al lato”, “armatura di lato”; Planiloricaria:”armatura schiacciata”, plani= schiacciata; Pseudoloricaria: ”falsa armatura”, pseudos= falso…
* Il nome Otocinclus deriva dall’allusione alla sua forma anatomica esterna, che presenta piccoli orifizi nella zona della testa, che evoca un certa somiglianza con le orecchie, per la loro posizione (ma non per la funzione): Oto=”orecchio”; cinclus=”tralicci” o “cintura”…
* Pseudoacanthicus: “con falsi aculei (spinosi)”, pseudo=falso;acanthicus=aculei…
* Pterygoplichthys: “pesce con più (grandi) ali (pinne)”, dovuto alle grandi pinne, pterygos= ala(pinna); pleion= più (grande); ichthys = pesce…
* Rineloricaria: “armatura a filari”, rhine= filare; loricara= armatura…
* Sturisoma: “con corpo a forma di storione” (un tipo di pesce di acqua salata, le cui uova sono chiamate caviale)
 
11. Bibliografia
1. ARMBRUSTER, Jon. Armbruster's Loricariid Home Page; vari testi della HP;
link alle pagina principale:
http://george.cosam.auburn.edu/usr/key_to_loricariidae/lorhome/lorhome.html
2. AXEROLD, Herbert R. Et al. Dr. Axerold
Mini-Atlas of Freshwater Aquarium Fishes - mini edition; TFH, 1995.
3. JAMES, Allan. Webmaster do Web Site "Scot Cat"
link diretto: http://www.scotcat.com/
4. LINDER, Shane & DIGNALL, Julian. Just Say Pleco; Web Site "Planet Catfish" --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/catfishology/just_say_pleco.htm ;
Inizialmente pubblicato nella rivista "Tropical Fish Hobbyist", nel giugno del 1999, e riprodotto nel sito
previa autorizzazione.
5. PANDINI, Miguel Angelo. Um faxineiro mal encarado, mas boa praça; "Revista Elettrônica @qua",
edizione agosto 1998;
link diretto: http://www.aqua.brz.net/rep/doce68.htm
6. PEREIRA, Raul. Como cuidar de seu aquário: Editora Technoprint, 1979.
7. RICKETTS, Robert T. Pleco (1st part) - What Fish Are We Talking About? – settembre 1999, volume
2a, n° 1
Tom Griffits Web Site -- http://www.tomgriffin.com/aquamag/plec.html
8. RICKETTS, Robert T. Plecos: (2nd part) Feeding Suckermouth Catfish - ottobre 1999,volume 2a,n° 2
Tom Griffin Web Site -- http://www.tomgriffin.com/aquamag/pleco2.html
9. SCHNEIDER, Earl. A criação de peixes tropicais; Lisboa, editorial Presença, 1978.
10. SEIDEL, Ingo. Suckermouth Catfish from the Ancistrine Group: English translation by Julian G.
Dignall; Web Site "Planet Catfish", 1988 --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/reproduction/ancistrinae01.htm
11. VIRES, Larry. The proper way to condition plecos: Web Site "Planet Catfish" --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/catfishology/index.htm.
APPROFONDENDO LE NOSTRE CONOSCENZE SUI LORICARIDI
 
Autore: Vladimir Xavier Simões, 31 anni, laureato in Pubbliche relazioni (FAAP/SP), residente a Ribeirão Preto, SP, Brasile.
Aquariofilo dai 14 anni, autodidatta e specializzato in varie aree dell’acquariofilia di acqua dolce.
Contatti : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Premessa
Nonostante abbia fatto questo lavoro con il massimo impegno e con la migliore buona fede, non mi assumo alcuna responsabilità né do alcuna garanzia a chiunque volesse utilizzare qualsiasi informazione qui scritta. L’ambiente degli acquari ed i pesci in queste condizioni, infatti, presentano caratteristiche talmente complesse ed imprevedibili,che è di conseguenza impossibile determinare regole infallibili.
1. Pesci di fondo: realtà e mito – funzioni in acquario.
Presenti nella maggior parte degli acquari ornamentali moderni, i pesci di fondo si dividono in varie specie e in varie famiglie. In Brasile vengono comunemente chiamati "mandizinhos", "bagres", "cascudos" ecc.
Caratteristiche comuni: la vita nei più bassi strati della colonna d’acqua (dove trovano cibo e riparo),una certa tendenza alla vita notturna e l’avversione alla luce (fotofobia).
Nell’ambiente artificiale dell’acquario, i pesci vengono inseriti per soddisfare un nostro gusto personale (bellezza,ferocia,sfida ecc.),o per assolvere ad una data (spesso supposta) funzione. Sicuramente la maggior parte dei pesci di fondo è presente in acquario per questo secondo motivo, più “pratico”. Le funzioni più comunemente attribuite ai pesci di fondo sono: eliminazione di detriti dell’acquario; eliminazione e/o controllo di eccesso di alimentazione; eliminazione e/o controllo delle alghe in acquario.
Le prime due funzioni attribuite ai pesci da fondo, sono il risultato di convinzioni assolutamente equivoche,vere leggende o credenze popolari, ampiamente sconfessate, secondo le quali questi pesci, ingerendo detriti organici costituiti da eccesso di alimenti non mangiati da altri pesci e depositati sul fondo dell’acquario, contribuirebbero a mantenere pulito un acquario.
Queste convinzioni possono portare a pericolosi equivoci. L’eccesso di alimentazione non può essere infatti corretto attraverso l’introduzione di ulteriori pesci, ma semplicemente fornendo minor quantità di alimenti e/o sifonando gli eccessi dopo poche ore che i pesci hanno mangiato. I pesci di fondo potranno certamente mangiare i resti, ma questo sposterà semplicemente il problema nella maggior produzione di escrementi da parte di tali pesci, oppure potranno non mangiare del tutto i resti ed in questo caso alla produzione di feci da parte dei pesci di fondo si aggiungerà la decomposizione del mangime non consumato.
L’eccesso di alimentazione si traduce quindi  in un aumento del quantitativo di composti organici introdotti in acquario, e di conseguenza in un aumento di quantità di composti azotati disciolti in acqua. Tali composti azotati andranno in fretta a destabilizzare l’acquario, avvelenando i pesci. In tal senso conviene approfondire l’argomento leggendo un articolo sull’ammoniaca, nitriti e nitrati.
I pesci di fondo, mangiando parte o tutta la quantità di cibo che si deposita sul fondo, in un certo senso contribuiscono ad una necessità estetica dell’acquario, ma non essendo  in grado di eliminare totalmente queste sostanze  aiutano ben poco l’equilibrio biologico e chimico dell’acquario. Gran parte di quello che mangiano continuerà infatti ad essere presente in acquario, in una forma o in un’altra, e la sua decomposizione si presenterà sempre sotto forma (principalmente) di ammoniaca (NH3/NH4+) e nitriti (NO2), entrambi estremamente tossici per i pesci, anche in piccolissime concentrazioni. Si consideri infine che i resti degli alimenti non costituiscono una alimentazione adeguata per questi pesci, ma di questo parleremo dopo.
Il secondo equivoco si riferisce alla convinzione che i pesci da fondo mangino escrementi. Non lo fanno e di conseguenza mai toccheranno o mangeranno escrementi, di qualsiasi origine siano. L’unica specie di pesce (che conosco) che eventualmente si alimenta di feci è lo Scatophagus sp. Originario del sud-est asiatico delle regioni di acqua salmastra, è un pesce che con la crescita diventa estremamente vorace,  mangiando tutto quello che vede,(pesci, piante e… feci). La necessità poi di condizioni speciali, fa sì che la scelta di questo pesce non sia una opzione percorribile per eliminare i detriti in acquario. L’unica scelta per eliminare i detriti continua ad essere un buon filtraggio e il cambio d’acqua frequente e regolare.
La terza funzione poi, comunemente attribuita ai pesci di fondo è il controllo e/o eliminazione delle alghe, nel convincimento che questi pesci abbiano nelle alghe l’alimento base, o parte esclusiva nella loro alimentazione. Questo convincimento, come vedremo di seguito, può essere parzialmente errato, in funzione della specie in questione.
Per le prime, equivocate, due funzioni, possiamo prendere in considerazione molte specie di fondo. In particolare le varie specie di corydoras (famiglia dei Callittidi—Callichthydae), tutti i sudamericani e gli asiatici botia,i kuhli (rispettivamente Botia sp. e Acanthophtalmus sp. -- família Cobitidae) ed affini.
Per la terza funzione invece vengono quasi sempre utilizzati i pesci della famiglia dei Loricaridi (Loricariidae), comunemente chiamati “cascudos” in Brasile (“pesci ventosa” in Italia ndr. ).Come già abbiamo detto,e approfondiremo in seguito, anche qui è facile l’equivoco.
2. I “cascudos”: generale
In Brasile questi pesci ricevono molti nomi popolari ed è comune avere nomi differenti per lo stesso pesce a seconda della regione in cui ci si trovi. Il pesce che a SP è chiamato da sempre “cascudo” può assumere il nome “mandi”, “bagre” o “acarí” a seconda della regione. Il nome “cascudo” (o “acarís”), infatti è comunemente attribuito a quei pesci che hanno la pelle rugosa e la bocca a forma di ventosa, quindi anche a molti altri pesci di fondo senza parentela diretta con questi. Mi è capitato, ad esempio, di incontrare persone che chiamavano “cascudo” i corydoras (Calictídeo)….
In questo documento,il termine “cascudos” è’ riferito all’ intera famiglia dei Loricariidae ( non ad una singola specie in particolare), e per questo viene scritto tra virgolette.
La famiglia dei Loricaridi (italianizzazione del termine latino/nome scientifico) è presente originariamente esclusivamente nel continente Americano, principalmente nel Sudamerica (dal limite costituito dall’Oceano Atlantico al confine della Cordilheira delle Ande), nell’America centrale (es. Sturisoma), anche se in bassa concentrazione, mentre non è presente nell’America del nord. La maggior concentrazione e varietà di specie si trova in Amazzonia. [Ancorché limitata originariamente all’America del sud/centro, data la sua enorme adattabilità, oggi può essere incontrata in condizioni totalmente differenti, a seguito dell’azione umana, in luoghi come Singapore, Australia, Hawaii, Texas e Florida]
I Loricaridi devono il loro nome portoghese “cascudos” alla vera e propria corazza che ricopre il loro corpo: sono piccole placche ossee conformate a mo’ di squame, che percorrono il corpo in più file (da tre a quattro file) e conferiscono un’apparenza visiva e una sensazione tattile liscia (in un certo senso, ricorda molto la pelle dei pesci cani). Questa “armatura”, generalmente, ricopre solo la parte “superiore” del pesce, lasciando il ventre o “pancia” con la pelle liscia.
[Osservazione: Anche i Callittidi (corydoras, “tamboatás”, “brochis” ed affini), parenti prossimi dei Loricaridi, presentano assenza di squame e corpo rivestito da placche ossee. Queste sono però distribuite solo su due file longitudinali, articolate dai denticoli lungo la linea laterale, coprendo tutto il dorso dei pesci, e dall’area della testa fino alla base caudale. Anche nel caso dei Callittidi la zona del ventre è “nuda”.]
Come conseguenza di questa caratteristica “corazza”, i Loricaridi hanno uno strato molto meno spesso (in alcuni casi addirittura assente) di muco epidermico esterno a ricoprire le squame (dei pesci con squame) e quindi non “sguisciano” alla presa come altri pesci.
Molto probabilmente questo è il motivo per cui i pesci di questa famiglia (così come i Callattidi) non tollerano la presenza di sale in acqua (principalmente NaCl), che può ucciderli per disidratazione. Questo fenomeno è probabilmente dovuto alla grande differenza osmotica che si viene a creare tra i fluidi interni del pesce e l’acqua esterna, a cui questi pesci non sono in grado di adattarsi, morfologicamente e fisiologicamente. Questa differenza osmotica infatti fa sì che i fluidi interni del pesce, a concentrazione ionica minore, siano “attratti” all’esterno,a concentrazione ionica maggiore (acqua salata), disidratando così il pesce. E’ possibile che la morte avvenga per ingestione di acqua salata (per tentare di compensare la perdita di fluidi interni),ingestione che può provocare alterazioni nella pressione del sangue ed in altri parametri fisiologici.
Forse questa spiegazione è corretta, ma fatto sta che molte (se non la maggior parte) delle specie dei loricaridi non sopportano la presenza di sale in acqua. Quindi evitate questa esperienza/rimedio: può terminare in tragedia, ed è sempre meglio non rischiare.
Oltre la “corazza”,sono due le altre caratteristiche comuni a tutti i loricaridi: la bocca a forma di ventosa e la vescica natatoria ipofunzionante (atrofizzata).Per il resto è più facile incontrare differenze che somiglianze. Partendo dall’ordine dei Siluriformi, la famiglia dei Loricaridi (Loricariidae) contiene più di 70 generi, con più di 600 specie descritte, delle quali 450 già definitive; E’ la famiglia più grande di pesci di fondo neotropicali, ed è di poco superata, quantitativamente, dalle specie di Ciclidi, Caracidi e Ciprinidi.
I loricaridi sono generalmente classificati in cinque sotto famiglie:
a) Ancistrinae: contiene la maggiore quantità di generi tra i loricaridi,di cui gli Ancistrus sp. sono i più famosi,conosciuti e numerosi con i caratteristici “barbigli” che circondano la bocca e/o branchie e sono presenti anche sulla testa e/o “muso”; altri componenti della sottofamiglia sono :Acanthicus sp.; Baryancistrus sp.; Chaetostoma sp.; Cordylancistrus sp.; Dekeyseria sp.; Dolichancistrus sp.; Exastilithoxus sp.; Hemiancistrus sp.; Hopliancistrus sp.; Hypancistrus sp.; Lasiancistrus sp.; Leporacanthicus sp.; Leptoancistrus sp.; Lithoxus sp.; Megalancistrus sp.; Neblinichthys sp.; Panaque sp.; Parancistrus sp.; Peckoltia sp.; Pseudacanthicus sp.; Pseudancistrus sp.; Spectracanthicus sp.; Scobinancistrus sp.; Pterygoplichthys sp. (sinônimo: Glyptoperichthys).
b) Hypoptopomatinae: abbraccia la maggior parte dei cascudos-nani o “pulisci vetro”. Si dividono in due rami:
• Ramo Farlowellini: Aposturisoma sp.; Farlowella sp.; Harttiini sp.; Cteniloricaria sp.; Harttia sp.; Harttiella sp.; Lamontichthys sp.; Pterosturisoma sp.; Sturisoma sp.; Sturisomatichthys sp.; Metaloricaria sp..
• Ramo Hypoptopomatini: Acestridium sp; Hypoptopoma sp.; Microlepidogaster sp.; Nannoptopoma sp.; Oxyropsis sp.; Otocinclus sp.
c) Hypostominae: i “cascudos comuni”, più frequentemente incontrati in acquario: Hypostomus sp., Cochliodon sp.; Aphanotorulus sp.; Isorineloricaria sp.
d) Loricariinae: in Brasile, i più comuni sono gli "acarís" (Rineloricaria). Hanno il corpo molto allungato e sottile e molti presentano nella pinna caudale il prolungamento di uno o ambo i raggi più esterni. Nel caso del prolungamento di un solo raggio, il più alto, questo appare come un “frustino”. Le pinne pettorali/ventrali sono abbastanza sviluppate mentre non presentano pinne adipose. Questi pesci hanno l’abitudine di rimanere interrati nella sabbia lasciando fuori solo gli occhi, protuberanti. I rappresentanti della specie Farlowella hanno un corpo tanto allungato ed esiguo da confondersi facilmente con i rami degli alberi, mimetismo ancor più enfatizzato dall’abitudine di stare ore appesi “a filo” completamente nascosti; I pesci appartenenti a questo genere, insieme con lo Sturisoma, hanno un curioso “muso allungato”, molto sensibile e con l’aspetto di una piccola “narice”.
I vari generi appartenenti a questa sotto famiglia si suddividono in tre rami:
• Ramo Farlowellini: Aposturisoma sp.; Farlowella sp.
• Ramo Harttiini: Cteniloricaria sp.; Harttia sp.; Harttiella sp.; Lamontichthys sp.; Pterosturisoma sp.; Sturisoma sp.; Sturisomatichthys sp.; Metaloricaria sp.;
• Ramo Loricariini: Hemiodontichthys sp.; Limatulichthys sp.; Pseudoloricaria sp.; Loricariichthys sp.; Brochiloricaria sp.; Crossoloricaria sp.; Loricaria sp.; Paraloricaria sp.; Pseudohemiodon sp.; Rhadiniloricaria sp.; Ricola sp.; Reganella sp.; Dasyloricaria sp.; Ixindria sp.; Rineloricaria sp.; Spatuloricaria sp..
e) Neoplecostominae: al momento, praticamente sconosciuto nel mondo dell’acquariofilia, è stata scoperta da pochissimo tempo (1990 circa). Possiede, a differenza delle altre sotto famiglie, le caratteristiche placche ossee abbastanza sviluppate, anche nella regione ventrale. A parte questo, per il resto, somiglia molto all’Hypostomus. Questa sotto famiglia comprende i generi Hemipsilichthys sp.; Isbrueckerichthys sp.; Kronichthys sp.; Neoplecostomus sp.; Pareiorhina sp..
[Osservazione: sembra che, recentemente (1998-99), ci sia stata una proposta di riclassificazione tassonomica, che dovrebbe dare origine ad una serie di cambiamenti e alla creazione di una nuova sotto famiglia, ancora senza un nome definito, che conterrebbe i seguenti generi: Delturus sp.; e Upsilodus sp.. La sottofamiglia Ancistrinae sarebbe considerata quindi solo come “ramo” della sotto famiglia Hypostominae. Il gruppo Pterygoplichthys diventerebbe una nuova sotto famiglia, in conseguenza alle sue caratteristiche morfologiche che attualmente lo collocano a metà strada tra Ancistrinae e Hypostominae. Nella sotto famiglia dei Pterygoplichthys, sarebbero compresi il genere Pterygoplichthys e un altro, ancora non totalmente descritto, ma in relazione col gruppo Hemiancistrus annecten (Armbruster ,1998).
Non abbiamo adottato questa classificazione perché è stata appena proposta, e quindi non è ancora stata accettata dalla comunità scientifica internazionale.]
 
Nonostante la grande varietà di specie,ognuna con proprie abitudini, dimensioni, habitat, alimentazione ecc. esistono molti aspetti comuni tra esse. Proprio questi aspetti comuni saranno oggetto di trattazione nei prossimi paragrafi,insieme alle indicazioni generali per il mantenimento dei pesci di questa famiglia. [Per i pesci abitualmente in commercio, ho evidenziato alcune considerazioni in accordo sia con quanto contenuto nella bibliografia utilizzata sia con la mia esperienza individuale]
3. Forma e Funzione: adattamento all’Ambiente..
La maggior parte dei Lorícaridi proviene da habitat che presentano acque correnti (e quindi fortemente ossigenate),con scarsa offerta di alimenti e che difficilmente offrono una formazione di plancton sufficiente,in questa condizione,a formare una catena alimentare di base. Così i Lorícaridi si sono adattati a tre fonti principali di alimentazione: alimenti caduti in acqua dall’esterno (frutta, foglie, tronchi ecc.), alghe che crescono sul fondo, argini, pietre, tronchi e  microprede quali vermi, piccoli crostacei, insetti, larve, uova, avannotti ecc che però costituiscono generalmente un complemento alimentare alle fonti di cibo principale (le prime due).
Possiamo notare che, ad eccezione della micropredazione, questi alimenti possiedono in massima parte caratteristiche comuni quali l’origine vegetale, la bassa qualità e quantità calorica e, principalmente, non sono comuni con nessun ’altra specie acquatica.
Considerando che la micropredazione è caratteristica di poche specie e, al contempo, per la maggior parte di esse rappresenta appena un complemento dell’alimentazione, i pesci di questi habitat che hanno dovuto adattarsi a questa dieta alimentare, affrontano un serio problema: come ottenere quantità sufficienti di alimenti per mantenere una condizione vivibile? Questo problema è aggravato dal fatto che,vivendo in acque riccamente ossigenate,il metabolismo accelerato che questi pesci hanno per svilupparsi aumenta di conseguenza la quantità/qualità di alimenti che devono essere consumati.
L’alternativa di un altro regime alimentare (predazione)non è praticabile,in quanto questa nicchia è già occupata da altri pesci più specializzati. Pertanto, l’unica soluzione è l’aumento quantitativo di cibo ingerito, utilizzando il metabolismo accelerato come fattore positivo: maggiore rapidità nella digestione degli alimenti, maggiore frequenza di alimentazione, praticamente un pasto continuo…una vera “linea di processo” degli alimenti!!!!
In concomitanza all’adattamento a questo regime alimentare, questi pesci sono andati mutando il loro comportamento, restando sempre più stazionari per alimentarsi. Questo porta ad una serie di vantaggi: si economizza energia, aumenta l’efficienza meccanica dell’ingestione degli alimenti, necessaria per mangiare enormi quantità e si richiama meno l’attenzione di predatori e concorrenti. Ma al contempo implica un problema cruciale: come mantenersi attaccati all’alimento e vincere la forte corrente, senza un’enorme dispendio di energia?
Per ottenere questo risultato la vescica natatoria è andata perdendo la sua funzione, la  bocca ha mutato forma, assumendone una migliore per realizzare questo compito: un insieme di denti a forma di raspa, necessari per raspare alimenti generalmente molto duri da masticare, e proprio per questo non appetibili da nessun altro pesce.
Questo tipo di bocca, porta un ulteriore vantaggio: non solo il pesce può trovare contemporaneamente appoggio e sostentamento attaccandosi agli alimenti, ma può affrontare correnti d’acqua maggiori, il che espande la sua nicchia alimentare e di sicurezza. I concorrenti, infatti, non possono raggiungere gli alimenti situati in ambienti con forti correnti (e men che meno aggrapparsi ad essi!) e la maggior parte dei predatori non può vincere tali correnti minacciando i Lorícaridi,i quali, invece, in virtù della bocca a ventosa, aderendo a rocce, rami ecc., (vincendo così la corrente), possono alimentarsi al sicuro da eventuali pericoli.
Altri fattori evolutivi, di adattamento all’ambiente, sono:  la forma del corpo,divenuta sempre più schiacciata quindi idrodinamica;la copertura con placche ossee della pelle (ottima per avventurarsi tra pietre e tronchi, come per “scoraggiare” e proteggersi dalla maggior parte dei predatori), ed infine il colore diventato mimetico con il fondo dei fiumi, pietre, tronchi, foglie, ecc.
Infine le abitudini  notturne di questi pesci, secondo me, sono funzionali ad un aspetto  “esplorativo”. Durante il giorno, il pesce si nutre attaccato ad un “alimento” qualsiasi (frutto, tronco, pietra con alghe ecc.). La notte, data la minore presenza di predatori, è il momento sicuro per esplorare nuove fonti di alimentazione e per realizzare la micropredazione con maggior efficienza (chi ha avuto delle deposizioni di Scalari o Discus totalmente decimate durante la notte, con le luci spente, a causa di un Loricaride sa’ di cosa sto’ parlando……).
Altre caratteristiche anatomiche (per la maggior parte delle specie) di questa famiglia sono:
- Testa “schiacciata”;
- Pinne dorsali e pettorali con grandi primi raggi;
- Apertura oftalmica a forma di “omega” o “U” che molte specie presentano, per il controllo della luminosità all’interno dei loro occhi;
- Veri “aghi” in basso alle branchie (in molte specie), che sono visibili quando il pesce si sente minacciato (possono causare ferite ad acquariofili distratti!!);
– Presenza di grandi feritoie nasali sopra la regione del “muso”, che costituiscono una sorta di “faro”  aiutando il pesce nella localizzazione degli alimenti.
4. Alimentazione: qualità, quantità e pericoli (evitando eccessi e carenze)
Già abbiamo parlato delle principali caratteristiche alimentari dei Lorícaridi in natura: alimenti essenzialmente vegetali, bassa qualità calorica, necessità di grandi quantità.
Ma... in acquario???
Nella maggior parte dei casi un “pesce ventosa” viene inserito,allo scopo di “combattere le alghe”. La maggior parte dei Lorícaridi ci aiuterà in questo, più o meno efficientemente a seconda della specie del pesce, dell’offerta di alghe, dell’offerta di altri alimenti, dello stato di salute iniziale del pesce, dei fattori ambientali, della competizione ecc.
Le necessità alimentari di questi pesci comprendono principalmente un’ enorme quantità di alimenti vegetali fibrosi,necessari per mantenere l’intestino in perfetta efficienza ( Questi pesci praticamente mangiano….e defecano per 24 ore al giorno). Chi ha già avuto l’opportunità di verificare, è rimasto sicuramente impressionato dall’enorme quantità di feci prodotte da questi pesci.
L’assenza di fibre in quantità sufficiente nella dieta di questi pesci può portare, rapidamente, a seri blocchi intestinali e generalmente alla morte.
Un caso molto più comune è la mancanza di alimenti in quantità sufficiente. In genere questo accade quando l’acquariofilo, non conoscendo le necessità di questo pesce, si fida delle “vecchie credenze popolari” del tipo “per la sua alimentazione bastano i resti del mangime degli altri pesci e/o le alghe del suo acquario”. Uno dei primi segni di carenza di alimentazione si può notare quando il pesce comincia a mangiare non solamente le alghe che crescono sopra le foglie delle piante, ma le foglie stesse, generalmente raspando fino al tallo!!!! Un secondo segnale si può notare quando il pesce comincia ad “attaccare” altri pesci, cercando di “mettersi” sopra, nel tentativo di succhiare il loro muco….
Questo indica una cosa sola: il pesce è disperato dalla fame!!!! E l’acquariofilo farà bene a prendere i necessari provvedimenti.
Un metodo per controllare lo stato di nutrizione è l’osservazione della forma dell’addome del pesce: se è concavo, “in dentro”, mostra un aspetto “magrolino”, qualcosa va male o il pesce ha qualche forma di malattia.
Normalmente l’addome deve avere un aspetto convesso, come se il pesce avesse una “pancetta grassottella”. A differenza della maggior parte delle altre specie (nelle quali questo aspetto indica vermi e/o costipazione o infezioni), per i Loricaridi questo è un buon segnale. Inoltre i Loricaridi devono avere un comportamento sempre “selvaggio”, rapido, in allerta: fuggire alla disperata quando sorpresi è un eccellente segnale di salute. Le pinne devo essere “aperte”, mai chiuse. Il suo colore deve essere forte, scuro, ma mai sbiancato o nero (eccetto quelli che sono originalmente neri!!!). I suoi occhi non devo presentarsi “affondati”, ma leggermente “esterni” alla testa.
Paradossalmente, anche se questi pesci preferiscono vivere in ambienti scuri od ombrosi, in acquario converrà avere un livello di illuminazione tale che ci sia comunque una formazione sufficiente di alghe per mantenere un minimo di alimento per il pesce, anche se questa non sarà sufficiente e dovrà essere completata dall’acquariofilo, pena il rischio di vedere il pesce morire di fame.
Questo è uno dei principali motivi che porta gli acquariofili ad avere solo in esemplare in vasca: la territorialità comune ai loricaridi (che però varia enormemente tra le varie specie: gli Otocinclus sono estremamente pacati, alcuni Ancistrus hanno una elevata aggressività intraspecifica) viene esaltata dalla loro efficienza nel “divorare” le alghe. Difficilmente, infatti, ci sarà una quantità di alimenti sufficiente per più di un “pesce ventosa”; ciò provoca un livello di stress maggiore e, di conseguenza, una territorialità maggiore (nella competizione per il territorio, chi domina un’area maggiore teoricamente ha accesso a maggiori quantità di alimenti).
L’integrazione alla dieta dei Loricaridi servirà quindi sia ad assicurare la salute dei nostri beniamini, sia la “pace” nella vasca.
Come già abbiamo detto, si deve dare preferenza agli alimenti di origine vegetale, ricchi di fibre, ad esempio zucca, cetriolo, zucchine, lattuga, cavolo, fagiolini verdi, piselli ecc. Molto utilizzata anche la patata, anche se, non essendo tanto ricca di fibre, deve essere utilizzata in minore quantità.
Questi alimenti vanno somministrati crudi e freschi (o scongelati), tagliati in piccoli pezzi o fettine, regolarmente tutti i giorni o al minimo ogni 2/3 giorni. L’osservazione ci permetterà poi di stabilire quali siano i più graditi e quale sia la quantità giusta da somministrare (l’ideale è che il cibo sia mangiato nell’arco di un giorno). Se il cibo galleggia, va bloccato con qualcosa di pesante in modo che affondi. Si raccomanda di non usare oggetti metallici od oggetti affilati o appuntiti; i primi possono liberare in acqua sostanze tossiche per i pesci,i secondi possono ferirli gravemente!!!. Un buon metodo consiste nell’ incollare con del silicone da acquario, un pezzo di plastica o l’asta di legno del gelato ad una pietra e legare l’alimento a questa pezzo di plastica o legno; in alternativa è possibile anche legare la pietra all’asta di legno utilizzando un elastico.
E’ preferibile alimentarli immediatamente prima dello spegnimento delle luci e ritirare il cibo non mangiato al massimo 24 ore dopo averlo introdotto.
Altro fattore che costituisce quasi un obbligo nell’allevamento di questi pesci, è la presenza di tronchi naturali utilizzati sia come appoggio, sia, per molte specie, come alimento. Nello stomaco di certe specie di Panaque infatti, sono stati ritrovati batteri che agiscono in maniera simile a quelli trovati nei tarli, digerendo e trasformando la cellulosa dei pezzi di tronco ingeriti, in sostanze digeribili per il pesce. Ma anche molte altre specie di Loricaridi mostrano di gradire molto i tronchi,e passano molte ore aggrappati ad essi “raspandoli”. E’ molto probabile, pertanto, che questo meccanismo simbiotico esista anche per altre specie di loricaridi,il che ci spinge a raccomandare sempre l’utilizzo di tronchi in acquari da essi popolati, sia come mero “esercizio”, sia come appiglio, sia come fonte di alimento e fibre.
Escluse specie esclusivamente vegetariane, come gli Otocinclus, Rineloricaria, Farlowella o molti Ancistrinae e nonostante gli alimenti di origine vegetale costituiscano comunque la parte principale della dieta della maggior parte delle specie, è anche sicuro che tutti i loricaridi beneficiano di una certa quantità di alimento di origine animale nella loro dieta. Addirittura per molte di queste specie (micropredatori) l’integrazione con cibo di origine animale si dimostra necessaria. In questa ultima categoria incontriamo molti Hypancistrus, Panaques, Hypostomíneos. Per questi pesci è d’obbligo integrare la dieta con somministrazioni almeno settimanali di:vermi di terra, Artemia adulta viva/congelata, vermi e larve varie, vermi rossi, dafnie (pulce d’acqua), paté di fegato e/o cuore di bovino ecc. (Si raccomanda comunque di effettuare questa integrazione solo se il pesce sta ricevendo una alimentazione equilibrata in termini di vegetali e fibre).
Non sono solo gli adulti a richiedere una certa attenzione: i figli di quasi tutte le specie di loricaridi necessitano di essere alimentati con naupli di artemia durante le loro prime settimane di vita. In un ottica mirata alla riproduzione anzi, queste integrazioni sono essenziali (maggiori dettagli saranno riportati di seguito, nel paragrafo specifico).
Infine, una riflessione polemica riferita a molti alimenti commerciali, specifici per i loricaridi e/o pesci da fondo in generale, presenti nel mercato acquariofilo. Nella maggior parte di questi alimenti il contenuto di proteine animali è elevatissimo, maggiore di quello di qualsiasi fonte alimentare che questi pesci possono incontrare in natura e a cui si possono adattare (In natura un caso del genere si verifica solo quando trovano carcasse di pesci morti, che è una delle cose che evitiamo nei nostri acquari…).Questi cibi presentano, infatti, un contenuto di proteine animali maggiore del 30% del peso totale, che è sicuramente più indicato per altre famiglie di pesci da fondo,molte con un comportamento alimentare esclusivamente predatorio come Callichthyidae, Pimelodus, Bagrídeos etc.
L’uso frequente di questi cibi può portare perciò ad un sovraccarico del fegato e dei reni dei loricaridi, nel disperato tentativo di metabolizzare ed eliminare questo eccesso di proteine,situazione che porta rapidamente il pesce ad un deterioramento della salute, malattia, morte.
Pertanto, questi cibi devono essere considerati come complemento sporadico e mai come base alimentare, che deve essere invece composta dai sopra citati vegetali freschi. Diverso il discorso per il cibo composto esclusivamente da vegetali/alghe, e che abbia un contenuto minore del 10% di proteine animali, il quale potrà essere offerto con maggiore frequenza.
5. Qualità dell’acqua ed ambiente ideale..
Questa famiglia si incontra con maggior frequenza nella regione Amazzonica. Valori dell’acqua: pH leggermente acido, durezza totale(GH) da bassa (0-5 °dH) a media  (5° - 15° dH), anche se molte specie sono originarie di acque leggermente alcaline (fino 7.4° pH), ma sempre con durezza permanente al massimo con valori medi (questo è dovuto principalmente ad un’alta ossigenazione dell’acqua per la forte corrente, che libera la CO2 nell’atmosfera).
E’ comunque da notare che, dato che vari autori riportano parametri ben differenti,che a mio modo di vedere indicano la variabilità degli habitat delle diverse specie, così come la loro estrema adattabilità, qualsiasi pH compreso tra 6,0 e 7,5 può essere accettato; deve essere evitata solo un’acqua con durezza da media ad alta (15-30° dH/GH).
Tuttavia una cosa è sicura: questi pesci non sono capaci di adattarsi ad un’acqua “inquinata”, ossia con alto tasso di composti azotati, originati dalla decomposizione organica (ammonio, nitriti e nitrati). La leggenda che questi pesci vivano in habitat con acque “sporche” deriva dal fatto che molti sono catturati in corsi d’acqua torbidi e fangosi (nulla più che particelle solide del substrato, in sospensione, che non significa acqua inquinata).
Pertanto, se vogliamo conservare i nostri Loricaridi in perfetta salute, è necessario mantenere i parametri dell’acqua sui valori ottimali (ammonio e nitriti a zero e nitrati con valori più bassi possibili ,attraverso un filtraggio efficiente e cambi regolari.
Altri fattori da evitare per mantenere una qualità ottimale dell’acqua sono la sovrappopolazione e la sovralimentazione della vasca, che portano rapidamente al “degrado” della qualità dell’acqua e alla conseguente morte dei pesci (si tenga presente che basta una piccola concentrazione di ammonio o nitriti,incolori e inodori).
Anche la temperatura dell’acqua varia molto da specie a specie. In generale, le specie amazzoniche richiedono temperature maggiori (tra 26 e 29°C, pur adattandosi a temperature sia maggiori che minori), mentre quelle della regione del Sud (e al contempo più comuni: Hypostomus plecostomus, Otocinclus sp., varie Rineloricaria) anche se si adattano a queste temperature più alte, preferiscono temperature da 22 a 26° C. Non si deve dimenticare che a temperatura più alta corrisponde un metabolismo del pesce più veloce, maggiore è la necessità di alimenti, maggiore la necessità di ossigeno (e minore la quantità disciolta in acqua!). Pertanto, si raccomanda di aumentare l’ossigenazione con l’aumento della temperatura!!!
Altro fattore che può contribuire al deterioramento della salute dei nostri loricaridi è lo stress derivante dalla mancanza di adattamento ad ambienti totalmente estranei e/o inadeguati.Tra le cause principali possiamo elencare :ghiaino “colorato”, illuminazione errata, presenza di specie incompatibili, eccesso di popolazione, disturbo costante ai pesci (smuovendoli, battendo sul vetro ecc.) e, principalmente, la mancanza di nascondigli adeguati e/o sufficienti.
Anche la corrente dell’acqua è importante: molte specie originano da ambienti a forte corrente e ne hanno necessità per sentirsi a proprio agio.
Una regola approssimativa per determinare se un Loricaride è originario di acque con correnti più o meno forti è quella di osservare lo “schiacciamento” del suo corpo: quanto più il corpo è schiacciato, tanto più il pesce ha bisogno di correnti forti per stare bene, anche se questa non è una regola fissa: se si osserva che il pesce evita aree di forte corrente d’acqua, va’ diminuita la corrente. Non va inoltre dimenticato che quanto maggiore è la necessità di corrente, tanto più alta è la domanda associata d’ossigeno in acqua.
I Loricaridi non hanno bisogno di una vasca con arredo specifico; basta un po’ di buon senso e considerazione per loro e tutto andrà bene. L’oggetto più importante si incontra nella maggior parte degli acquari: una radice di legno, o almeno una radice artificiale. Sono consigliate inoltre pietre più o meno scure per fornire riparo (soprattutto dal movimento fuori dell’acquario:il nostro movimento!!!), e/o aree ombreggiate. Nel posizionare le pietre si faccia in ogni modo attenzione al fatto che, dato che alcune specie di loricaridi scavano il substrato, le decorazioni pesanti possono, se mosse, schiacciare i pesci! Vasi rovesciati o tubi di plastica (atossica e preferibilmente scura) possono essere utilizzati come piccole tane artificiali in base alle specie in questione, come approfondiremo in seguito nel paragrafo della riproduzione.Gli “acarís” (Loricaridi), in generale, apprezzano un substrato arenoso (fino) o argilloso, dove, attraverso vigorosi movimenti laterali del corpo, hanno l’abitudine di interrarsi parzialmente, a mo’ di razze, lasciando solo gli occhi fuori; fanno questo per nascondersi dai predatori, mimetizzandosi,in maniera molto efficiente con il substrato. Una buona presenza di piante completa il quadro (indicate soprattutto per gli Otocinclus e Farlowella che si alimentano delle alghe che ci crescono sopra)
Riassumendo: acqua pulita, pH prossimo a neutro, durezza fino a media, molti luoghi di rifugio,preferibilmente tronchi naturali, ed avremo l’habitat ideale per questi pesci.
6. Il mito più grande: loricaridi ed alghe, efficienza comprovata o pura leggenda?
Ascoltando diversi acquariofili, avremo le risposte più varie: da chi ha ottenuto ottimi risultati nel controllo delle alghe (arrivando in alcuni casi anche all’eliminazione totale), a chi ha avuto un completo insuccesso.La mia opinione è che i loricaridi, di qualsiasi specie siano, possono solo offrire una soluzione parziale del problema alghe (che comunque non è poco!).Chi ci racconta di esperienze positive con questi pesci o non aveva un problema serio con le alghe, o ha avuto fortuna. Chi ci racconta di esperienze negative molto probabilmente ha equivocato con la vera natura di questi pesci.
Come già detto nel paragrafo relativo all’alimentazione, non tutte le specie sono esclusivamente vegetariane, integrando le alghe, che sono solo una parte dell’alimentazione, con la micropredazione. Quando questi pesci sono sazi smettono semplicemente di mangiare. Questo vale anche per tutte le altre specie di loricaridi, inclusi i vegetariani, ed in generale per qualsiasi altra specie di pesce (nessuno mangia al di là della sua fame, o meglio, della capacità dello stomaco….contraddicendo un altro mito diffuso nell’acquariofilia, che “il pesce mangia fino a morire”…).
Quando l’acquario comincia a presentare problemi con le alghe, l’acquariofilo che ha inserito loricaridi per eliminare il problema, rendendosi conto che le alghe non spariscono, ricorre ad una soluzione molto comune:l’inserimento di altri loricaridi fino a che le alghe spariscono… “mangiate”. Di solito questo porta ad una situazione che all’acquariofilo sembra un successo (la sparizione delle alghe), mentre purtroppo è spesso una tragedia. I “cascudos” (come sono chiamati in Brasile), mangiando tutte le alghe originano una competizione squilibrata per questa o per qualsiasi altra forma di alimentazione. E’ quasi sicuro che questo porterà a morte i pesci più deboli, perché:
a) non c’è tempo per la formazione di nuove alghe: quello che nasce viene
subito divorato;
b) Spesso gli acquariofili non integrano neanche l’alimentazione di questi pesci
per “forzarli” a consumare subito le indesiderate alghe o semplicemente per
ignoranza delle necessità di questi pesci.
In questa maniera, solo i più forti sopravvivono. (rif. paragrafo 4, alimentazione, per i segnali di fame dei pesci).
L’ampliamento delle nostre conoscenze ci permetterà di “sfruttare” le caratteristiche di questi pesci, senza però farli correre rischi non necessari. Nella scelta della giusta specie di pesci da “utilizzare” si deve prestare attenzione a vari parametri:
* Scelta delle specie con dieta maggiormente vegetariana, in maniera da aumentare il numero delle alghe consumate. I pesci scelti abitualmente sono quelli del genere Ancistrus (ed affini), Otocinclus (ed affini), Farlowella o Rineloricaria.
* La taglia dei pesci. Gli Otocinclus sono molto piccoli (5cm al massimo) e, di conseguenza come abbiamo già visto, il loro appetito è proporzionale al loro stomaco, ossia molto poco.
Quindi, attenzione a non cadere nella tentazione di introdurre un numero esagerato di pesci nell’acquario che, esaurendosi presto le alghe disponibili, deperirebbero rapidamente per la mancanza d’alimenti. Vanno inoltre introdotti un po’ alla volta e con un certo intervallo (una o due settimane) tra gli inserimenti.
La quantità iniziale è strettamente dipendente dalle alghe presenti in vasca. Per una vasca fittamente piantumata e con forte presenza di alghe (sulle piante, sui vetri, sulle decorazioni) si può iniziare con quattro o cinque esemplari ogni 20 litri d’acqua.
Se la vasca non è fittamente piantumata o le alghe non sono così presenti, tale quantità va ovviamente ridotta.
Una regola di massima è quella di verificare se dopo l’introduzione si è avuta una riduzione della quantità di alghe. Se non c’è stata o addirittura le alghe sono aumentate si immettano altri 2 o 3 esemplari e si faccia un altro controllo.
* Eventuali esigenze “particolari”. Ci sono altre specie anch’esse molto efficienti nel controllo delle alghe, ma non molto indicate agli acquariofili poco esperti. Le Farlowella, per esempio, sono molto delicate, esigono, praticamente, acquari dedicati alla loro specie, con parametri molto specifici nella qualità dell’acqua.
Anche i più comuni in Brasile, le Rineloricaria, conosciute con il nome comune di “acari”, sono molto sensibili ai parametri dell’acqua, e va anche preso in considerazione le dimensioni che raggiungono da adulte, come d’altronde la maggioranza dei Loricaridi (da 15 cm in su, in media). Per questo motivo, non va dimenticato che, a causa della vescica natatoria atrofizzata, questi pesci non possono nuotare per lunghi tratti e avendo bisogno di posarsi sopra gli alimenti, a meno di prendere esemplari giovani e quindi piccoli sono impossibilitati a mangiare le alghe sopra le foglie più tenere o delicate.
Inoltre esemplari grandi di Loricaridi possono:
- o divorare le piante, una volta che hanno bisogno di una quantità
maggiore d’alimenti;
- o facilmente dissotterrare e/o danneggiare le piante con i loro
movimenti vigorosi e poco “posati”;
- o aumentare enormemente la quantità di escrementi nell’acquario.
Si consideri per questo che molte specie di Ancistrinae in acquario non oltrepassano i 10 cm.
* il tipo di alga che si sta tentando di eliminare.
Alghe azzurre (cianobatteri): Nessuna specie di pesce se ne ciba, e così deve essere, in quanto sono per la maggior parte tossiche, e potrebbero anche uccidere il pesce che le ingerisse.
Alghe rosse o “pelose”: fanno parte del menu alimentare dei Loricaridi solo quando sono piccole e/o cresciute di recente sopra piante, pietre, decorazioni ecc.; quando ben cresciute, solo i pesci della specie Epalzeorhynchus kalopterus (conosciuto in commercio come “flying fox, un ciprinide del sud est asiatico) sono riconosciuti capaci di “divorarle”.
Alghe verdi (attaccate come piccoli punti ai vetri dell’acquario) e marroni: I Loricaridi sono in grado di controllarne l’espansione, ma solo fino ad un certo punto.
Per controllare le alghe oltre ai Loricaridi possono essere utilizzate anche altre specie di pesci, quali ad esempio: i Pecilidi (portaspada -Xiphophorus helleri-, platy -Xiphophorus variatus e X. Maculatus-, molly -Poecilia lapitinna, P. velifera, o P. Sphenops), Lebiasinidi(pesce matita -Nannostomus sp.) e i Chilodus sp. Inoltre anche invertebrati come le lumache (con evidenza per le lumache malesi Melanoides tuberculata) e crostacei come gamberetti, con evidenza per il gamberetto “Takashi Amano” Caridina japonica.
In una vasca con Loricaridi, comunque,una certa presenza d’alghe è necessaria per una corretta alimentazione degli stessi, ragion per cui se la strada intrapresa fosse quella di una totale eliminazione, strada che implica l’utilizzo di altre tattiche e tecniche quali: controllo dei livelli di fosfati/nitrati nell’acqua, controllo dell’illuminazione, controllo del filtraggio,volume e frequenza dei cambi d’acqua (non ci si dimentichi delle spore libere in acqua), ecc, dovremmo porre una maggiore attenzione nell’alimentazione dei nostri “cascudos”.
Tornando a parlare di controllo delle alghe, in acquari con buona presenza di vegetazione, la specie che si è rivelata più adatta allo scopo è quella degli Otocinclus. In caso di minore presenza di piante, o di presenza di piante meno delicate,è possibile introdurre altre specie più grandi e “meno” vegetariane.
In sintesi non si sta sconsigliando l’impiego di Loricaridi come consumatori di alghe, purché si abbia sempre presente che questi pesci consumano alghe secondo le loro esigenze e non secondo i nostri desideri!
In definitiva i Loricaridi sono pesci simpatici, interessanti e carini (credo che molte persone li considerino brutti, solo perché non li conoscono bene). Meriterebbero di stare in qualsiasi acquario e di essere trattati bene come il resto degli abitanti. Danno un tocco di esotico,mangiano le alghe e i piccoli resti di alimenti che arrivano sul fondo dell’acquario e popolano spazi altrimenti vuoti.
7. Riproduzione: tentativi ed errori, esperienza pratica e fortuna !!!!
Molti acquariofili mi domandano se sia possibile riprodurre in cattività determinate specie.
La mia risposta è sempre: “si, è possibile riprodurre qualsiasi specie in cattività”, basta che si abbia a disposizione tempo, soldi, ed un minimo di conoscenze sulle specie in questione. Per giudicare il successo o meno della nostra impresa però, è necessario avere ben chiaro qual è il nostro obiettivo, qual è la finalità di questa riproduzione.
Se l’obiettivo è il guadagno allora forse  è preferibile dedicarsi ad altre specie, in quanto è più economico  (almeno in Brasile) prendere/catturare il pesce in natura.
Ma se l’obiettivo è il piacere di essere il primo (o uno dei) ad averla ottenuta o  la possibilità di ottenere notorietà descrivendo scientificamente i comportamenti riproduttivi della specie o, infine,  la garanzia di aver contrastato il pericolo di estinzione della specie in natura….bene, allora possiamo iniziare a parlarne.
Anche nella famiglia dei Loricaridi esistono specie che in cattività si riproducono più facilmente e velocemente. In genere ciò avviene con le specie di minor grandezza, per tutta una serie di fattori: ambientamento nell’acquario, minimo volume d’acqua richiesto a tal fine, alimentazione, qualità dell’acqua ecc. Queste specie comprendono Ancistrus, Otocinclus e Rineloricaria, anche se  quanto segue è valido per la maggior parte delle specie della famiglia dei Loricaridi.
La prima cosa da verificare è l’esistenza di una coppia (con due maschi ad esempio la riproduzione è alquanto difficoltosa!). Le differenze tra maschi e femmine possono essere riassunte nelle seguenti caratteristiche:
a) forma del corpo: i maschi sono più robusti, le femmine più esili (sicuramente
nelle Rineloricaria, ma anche  nella maggior parte delle altre specie);
b) forma delle pinne pettorali: raggiunta la maturità sessuale, il primo raggio si
presenta pieno di noduli (denticoli) conici (a forma conica) nei maschi,
mentre rimane “liscio” nelle femmine;
c)  forma e conformazione della pelle: nei maschi, c’è una maggiore presenza
dei già citati denticoli conici. Questi sono al contempo di dimensione
maggiore rispetto a quelli presenti nelle femmine;
d) “groviglio di setole/barbigli”: sono abbondanti nel maschio, specialmente
nella zona del muso, testa, branchie, pinne pettorali, e nella parte
laterale/posteriore del corpo, mentre nelle femmine possono presentarsi
solo intorno alla bocca e/o ben più piccole (Maggiormente negli ancistrus,
ma anche in alcune altre specie, come la Rineloricaria);
e) Se non si riuscisse a riconoscere i sessi in base alle caratteristiche sopra
citate, c’è un’ultima possibilità: esaminare i loro organi genitali (sono
congiunti all’ano) con una lente d’ingrandimento. I maschi hanno la papilla
più piccola e a forma di punta, le femmine hanno la papilla (ovidotto) più
grande e di forma schiacciata. Questo metodo di riconoscimento è più sicuro
quando i pesci sono già pronti per la riproduzione,in quanto queste modifiche
sono già avvenute.
Per la riproduzione, tre sono i fattori di base su cui è necessario prestare la massima attenzione: parametri corretti dell’acqua; ambientamento corretto; e, principalmente, alimentazione corretta.
Se sono state seguite le raccomandazioni fornite nei precedenti paragrafi, non ci si dovrà preoccupare dei parametri dell’acqua in quanto questi saranno già impostati in maniera ottimale. E’ necessario invece approfondire gli altri due fattori :ambientamento ed alimentazione.
Per un corretto ambientamento è necessario fornire al pesce luoghi adatti alla deposizione o che, almeno, (e questo è il caso più frequente) permettano la “mimetizzazione” così come avviene in natura. La gran maggioranza dei Loricaridi depone in tane scavate nel fango sulle rive o sul fondo dei fiumi o laghi. Queste tane solitamente hanno la forma di tunnel o di piccole caverne. Pertanto, pezzi di questa forma in argilla o coccio devono essere introdotti nell’acquario per la riproduzione, ovviamente proporzionati alla dimensione dei pesci in questione. (come regola generica possiamo dire che le dimensioni minime devono essere approssimativamente due volte la larghezza del pesce e da due a tre volte la lunghezza del pesce). E’ anche possibile, a questo fine, utilizzare tubi di plastica o PVC, preferibilmente scuri, od anche grossi bambù, avendo cura di verificare che non siano presenti elementi taglienti, per evitare incidenti o ferimenti dei nostri pesci.
Molte altre specie necessitano (o si contentano) di differenti luoghi per la riproduzione e/o deposizione. Per varie specie di Ancistrus è sufficiente una noce di cocco, posizionata in posizione verticale, con l’apertura di lato.Ci sono anche specie (es. Rineloricalia) che si riproducono senza problemi, negli spazi tra le pietre o in piccole depressioni ai lati di queste o sui tronchi o sopra a pietre e foglie di piante grandi ecc.
Molte altre deporranno direttamente sopra qualsiasi superficie liscia,addirittura lo stesso vetro dell’acquario come Otocinclus e Sturisoma. E’ comunque sempre raccomandabile isolare solo una coppia, in un acquario dedicato, senza altri pesci.
Questi acquari da riproduzione devono avere un allestimento piuttosto semplice, con appena qualche roccia, o “artefatto” per la deposizione, non essendoci quasi mai necessità di piante o substrato. Gli acquari senza substrato sono più facili da pulire e in essi i “neonati” sono facilitati nel trovare il cibo (in genere artemia). L’illuminazione deve essere debole, ed i pesci non devono essere disturbati.
L’acqua, da tenera a mediamente dura, deve essere sempre mantenuta estremamente pulita mediante un buon filtraggio,che mantenga anche una certa corrente(senza esagerare) ed una buona ossigenazione, ad una temperatura di circa 25° C. A questo scopo è indispensabile effettuare cambi d’acqua (minimo del 25% settimanale; ideale del 10%-15% al giorno) per il mantenimento della “qualità massima”. Inoltre si raccomanda l’utilizzo di vasche con capacità minima di 60 litri (per le specie più piccole),avendo ben presente che quanto maggiore è il volume dell’acqua, tanto maggiori saranno le chance di successo.
Quanto all’alimentazione,dato che per questi pesci l’assimilazione di proteine (imprescindibili per la formazione di uova/spermatozoi) è molto lenta si consiglia di aumentare l’integrazione di proteine animali (non smettendo di fornire le stesse quantità abituali di vegetali fibrosi) fin da un mese prima del tentativo di deposizione. Ancora una volta, gli alimenti indicati sono artemia adulta, vermi ecc. (vedi paragrafo “Alimentazione”).
Generalmente nel processo di deposizione, la femmina entra nella tana scelta, depone qualche uovo ed esce, lasciando entrare il maschio che le fertilizza ed esce. Questo processo si ripete fino a che non finiscono le uova. A questo punto il maschio accudisce le uova 24 ore al giorno, fino a che i figli escono dal “nido” di propria volontà.
In media, alla temperatura indicata, la schiusa avviene 48 ore dopo la fecondazione, e gli avannotti cominciano a nuotare una settimana circa dopo la schiusa, quando il sacco vitellino è finalmente consumato per intero.
In questa fase è imprescindibile garantire ai piccoli, acqua estremamente pulita e una gran quantità/qualità d’alimenti. Occorrerà effettuare frequenti cambi d’acqua per mantenere la qualità dell’acqua nonostante la sovralimentazione. Piccole, ma frequenti dosi di naupli d’artemia schiusi da poco sono raccomandabili in questa fase critica, che termina a circa un mese di vita quando la resistenza degli avannotti aumenta di molto.
8. Caso reale: la mia esperienza casuale nella riproduzione degli Ancistrus sp
L’acquario : 60 cm di lunghezza, 40 cm di larghezza e 50 di altezza, con FBF (filtro biologico da fondo), movimento assicurato da una pompa da 650 lt/h di portata; substrato composto da 50% di sabbia di fiume e 50% di ciottoli di fiume (piccole pietre con granulometria massima di 0,5 cm).
Temperatura di 26° C, acqua con pH 7,2, durezza di 4° DH. Decorazione costituita da molti tronchi, provenienti dai fiumi, molte piante, specialmente Vallisneria.
L’acquario è stato avviato per ospitare degli Apistogramma borellii, circa 5 maschi e 12 femmine. Avendo come obiettivo la loro riproduzione, ho introdotto tre piccoli vasi identici in cotto, di forma semisferica, di circa 7 cm di altezza e 8 cm di diametro, nei quali ho aperto una serie (da due a quattro) di fori nei lati e nel fondo. I vasetti sono stati inseriti nel fondo con le loro aperture interrate.
Erano già presenti in vasca due esemplari di Ancistrus dolichopterus, introdotti per un “controllo delle alghe”. L’intenzione era di rimuovere questi due esemplari, nel momento in cui gli Apistogramma avessero mostrato il caratteristico comportamento della formazione delle coppie e/o della riproduzione.
Gli Apisto venivano alimentati con cibo commerciale (Tetra Bits, tubifex liofilizzato, fiocchi di varie marche ), ed in maniera sporadica con artemie adulte vive o disidratate e larve di “pernilongo” vive. Circa due volte a settimana somministravo inoltre per gli Ancistrus il cibo commerciale Alcon Botton Fish.
Durante una delle mie consuete “ronde notturne” in cui mi sinceravo che tutto fosse a posto, prima di andare a dormire, ho notato che gli Ancistrus erano scomparsi. Di giorno era normale non vederli, ma di notte solitamente erano visibili.
Due giorni dopo, sempre durante la “ronda notturna”, vedendo la coda di uno dei due Ancistrus uscire da uno dei fori dei vasetti di cotto, ho creduto che fosse rimasto incastrato dentro. Illuminando bene, l’ancistrus è entrato del tutto e si è messo a guardarmi. Ho considerato, intuitivamente, che tutto andava bene, e che il pesce non correva nessun pericolo. Ho deciso quindi che, se il pesce fosse stato ancora lì la notte successiva avrei levato il vaso per liberarlo.
Il giorno seguente però vari impegni mi hanno fatto dimenticare del pesce “imprigionato” e solamente due giorni dopo facendo la consueta “ronda”, ho guardato meglio l’acquario prima di mettere la mano dentro l’acqua (tutto sommato è una colonna d’acqua di 45 cm e bagnarsi tutto il braccio, dopo aver levato coperchio e luci……già ero assonnato!!!).
Non ho trovato il pesce, ed verificando nuovamente il vaso… stava lì. Preparandomi all’ingrato compito, ho notato qualcosa di strano su uno dei vetri laterali: ho pensato fosse una lumaca. Guardando meglio, e più vicino, sorpresa: un mini-ancistrus!!!!
Il mio primo pensiero è stato “da dove viene questo pesciolino ?”. Non immaginavo la possibilità che fosse il frutto della riproduzione degli Ancistrus presenti in vasca: erano solo due pesci che per di più, in base alle loro differenze anatomiche, ritenevo di differenti specie; inoltre pensavo “i loricaridi non si riproducono in acquario”…
Ho guardato di nuovo, ho elencato tutte le cose introdotte recentemente in acquario: piante, decorazioni ecc…e nulla era stato introdotto da tre o quattro mesi. Su questo non avevo dubbi. A quel punto mi sono ricordato dell’ancistrus stranamente “imprigionato per propria volontà” nel vasetto…
Due giorni dopo, preso coraggio, ho voltato vigorosamente il vasetto: insieme all’Ancistrus c’erano 12 o 15 piccoli, di circa 0,5 cm di lunghezza. Altri due giorni e, abbandonato il vaso, curiosamente, si sono messi a passare la maggior parte del tempo sopra la pompa sommersa del FBF (forse per il calore prodotto).
Non sono riuscito a mantenerli per più di una settimana, forse per causa di una “esplosione” di cianobatteri, che ha ricoperto l’acquario, forse a causa di un attacco da parte del padre.
La mia considerazione è la seguente:la coppia di Ancistrus aveva approfittato delle condizioni che io avevo creato per la riproduzione degli Apistogramma (parametri dell’acqua, arredo dell’acquario, alimentazione ecc.). Per il resto è stata tutta fortuna, principalmente il formarsi di una coppia con solo due esemplari.
9. Acquisto dei Loricaridi
In conclusione, qualche consiglio per l’acquisto dei Loricaridi. Una corretta scelta influisce, infatti, in maniera determinante sulla longevità dei pesci nei nostri acquari, evitando una morte prematura dopo una o due settimane dopo l’acquisto.
E’ relativamente facile constatare come la maggioranza dei loricaridi in vendita sia malata o molto debilitata, in conseguenza di vari fattori. Le false “credenze popolari” (pesci estremamente resistenti che vivono in acque “sporche” e si nutrono di feci) fanno si che questi pesci siano spesso conservati in pessime condizioni di igiene, a temperature errate, alimentati in maniera non corretta.
Inoltre spesso durante il trasporto, i pesci sono lasciati a digiuno per vari giorni nell’intento di evitare che defecando eccessivamente, contaminino l’acqua dei recipienti di trasporto. Considerando anche che le necessità alimentari di questi pesci sono differenti, semplici cambi d’acqua, dopo una breve alimentazione, risparmierebbero molte vite.
Anche la cattura di questi pesci è realizzata in maniera irresponsabile, tanto in natura quanto dal negoziante. La comune pratica di schiacciare questi pesci con la rete contro il loro “appiglio” per evitarne la fuga può provocare serie lesioni interne (non visibili all’esterno, protetto dalla “corazza”) che portano alla morte del pesce anche dopo vari giorni, magari quando già si trova nel nostro acquario.
Quando acquisti un Loricaride spiega anticipatamente al negoziante che se, per prenderlo, schiaccerà il pesce lo rifiuterai. Non credere al (cattivo) negoziante se ti assicura che non succede nulla ai pesci se vengono “appena schiacciati”.
Osserva bene prima di comprare e indirizzati su pesci che:
* Presentino le pinne senza difetti/ferite/segnali di malattie (punti, macchie, lesioni, escoriazioni ecc.)
* Respirino normalmente (né molto rapidamente né molto lentamente)
* Siano vivaci ed agili nel nuoto
* Abbiano le pinne aperte quando sono fermi
* Si “fissino” con forza sul vetro della vasca, e non stiano “cadendo” o “abbandonandosi” (attenzione a non confondersi con il movimento intenzionale del pesce attaccato al vetro nell’alimentarsi)
* Non siano eccessivamente scuri
* Non siano troppo apatici nel momento della cattura da parte del venditore. Devono mostrare una certa resistenza ad essere catturati/inseguiti dal retino.
* Non siano molto “magri”: il loro addome non deve essere “convesso” o “all’indietro”, ma con una piccola “pancetta”. Nel caso della Rineloricaria accertarsi che non si presentino eccessivamente magri, visto che non è comune che abbiano tale “pancetta”.
 
10. Curiosità finali…
* L’Hypostomus sp. è una delle prime specie di pesce da fondo per acquari esportate e commercializzate, nell’Europa e negli USA,insieme con il Coridoras aeneus. Il luogo originario di cattura di questi pesci è l’Amazzonia venezuelana ed il Trinidat-Tobago. Questo all’inizio del XX secolo.
* Lo stesso Hypostomus è stato classificato da Lineu, l’inventore del sistema tassonomico, già nel secolo XVIII; gli era stato assegnato, all’epoca, il nome di Plecostomus plecostomus, ma nel 1968 fu riconosciuto come Hypostomus plecostomus, nome attualmente valido.
* Nonostante questo, gli acquariofili di lingua inglese chiamano non solo questa specie, ma gran parte dei Loricaridi, con il nome “Pleco” (abbreviazione di plecostomus), in funzione del fatto che è stato il primo Loricaride ad essere importato.
* Tra le comunità virtuali di acquariofili esiste una strana superstizione secondo la quale se il “nome” del pesce viene scritto per intero, il/i proprio/i pesce/i avrà/nno morte immediata senza spiegazioni… Pertanto, non bisogna rimanere colpiti se vengono scritti come “Pl*co”…
* Come molti membri della famiglia dei Loricaridi arrivano ad una dimensione considerabile in natura (60 cm o più), sono molto comuni nella culinaria delle popolazioni che vivono vicino ai fiumi, che sempre sottolineano come peculiarità la sua preparazione: non devono essere “puliti” (spinati), la carne ha un gusto cattivo, che ricorda la terra!!!
…ed un po‘ di etimologia…
 
* Il nome scientifico del vero “cascudo” (nome comune, per questi pesci, in Brasile), Hypostomus plecostomus, significa letteralmente “bocca schiacciata (a forma di piatto), nella parte bassa”, hypo= basso, nella parte bassa; stomus=bocca; pleco=schiacciato, a forma di piatto
* il nome Ancistrus deriva dal greco "agkhistron", che significa “gancio barbuto”, dovuto alla presenza dell’arco branchiale pieno di protuberanze, le quali, molte volte, si presentano sotto forma di spine; il pesce, quando è in una situazione di pericolo (dentro la bocca di un predatore o nel retino dell’acquariofilo) è capace di far scattare questi “ganci barbuti” fuori dalle sue branchie, “presentando le sue armi” ai nemici…
* il nome Farlowella è un omaggio a W.G. Farlow, dell’Università di Harward…
* Hemiancistrus significa, a sua volta, “mezzo ancistrus”; hemi=metà; quindi Hemiodontichthys (un genere della sottofamiglia Loricoriinae) vuol dire “pesce con mezzo dente”; hemi=metà; odon,odontos=dente; ichthys=pesce…
* Loricaria= “(casacco/testa di) armatura”; così Loricariichthys= ”pesce armatura”; Paraloricaria: Para=”al lato”, “armatura di lato”; Planiloricaria:”armatura schiacciata”, plani= schiacciata; Pseudoloricaria: ”falsa armatura”, pseudos= falso…
* Il nome Otocinclus deriva dall’allusione alla sua forma anatomica esterna, che presenta piccoli orifizi nella zona della testa, che evoca un certa somiglianza con le orecchie, per la loro posizione (ma non per la funzione): Oto=”orecchio”; cinclus=”tralicci” o “cintura”…
* Pseudoacanthicus: “con falsi aculei (spinosi)”, pseudo=falso;acanthicus=aculei…
* Pterygoplichthys: “pesce con più (grandi) ali (pinne)”, dovuto alle grandi pinne, pterygos= ala(pinna); pleion= più (grande); ichthys = pesce…
* Rineloricaria: “armatura a filari”, rhine= filare; loricara= armatura…
* Sturisoma: “con corpo a forma di storione” (un tipo di pesce di acqua salata, le cui uova sono chiamate caviale)
 
11. Bibliografia
1. ARMBRUSTER, Jon. Armbruster's Loricariid Home Page; vari testi della HP;
link alle pagina principale:
http://george.cosam.auburn.edu/usr/key_to_loricariidae/lorhome/lorhome.html
2. AXEROLD, Herbert R. Et al. Dr. Axerold
Mini-Atlas of Freshwater Aquarium Fishes - mini edition; TFH, 1995.
3. JAMES, Allan. Webmaster do Web Site "Scot Cat"
link diretto: http://www.scotcat.com/
4. LINDER, Shane & DIGNALL, Julian. Just Say Pleco; Web Site "Planet Catfish" --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/catfishology/just_say_pleco.htm ;
Inizialmente pubblicato nella rivista "Tropical Fish Hobbyist", nel giugno del 1999, e riprodotto nel sito
previa autorizzazione.
5. PANDINI, Miguel Angelo. Um faxineiro mal encarado, mas boa praça; "Revista Elettrônica @qua",
edizione agosto 1998;
link diretto: http://www.aqua.brz.net/rep/doce68.htm
6. PEREIRA, Raul. Como cuidar de seu aquário: Editora Technoprint, 1979.
7. RICKETTS, Robert T. Pleco (1st part) - What Fish Are We Talking About? – settembre 1999, volume
2a, n° 1
Tom Griffits Web Site -- http://www.tomgriffin.com/aquamag/plec.html
8. RICKETTS, Robert T. Plecos: (2nd part) Feeding Suckermouth Catfish - ottobre 1999,volume 2a,n° 2
Tom Griffin Web Site -- http://www.tomgriffin.com/aquamag/pleco2.html
9. SCHNEIDER, Earl. A criação de peixes tropicais; Lisboa, editorial Presença, 1978.
10. SEIDEL, Ingo. Suckermouth Catfish from the Ancistrine Group: English translation by Julian G.
Dignall; Web Site "Planet Catfish", 1988 --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/reproduction/ancistrinae01.htm
11. VIRES, Larry. The proper way to condition plecos: Web Site "Planet Catfish" --
http://www.planetcatfish.com/shanesworld/catfishology/index.htm.
loric004
loric004 loric004
loric006
loric006 loric006
loric009
loric009 loric009
loric023
loric023 loric023
loric003
loric003 loric003
loric001
loric001 loric001
loric015
loric015 loric015
loric020
loric020 loric020
loric002
loric002 loric002
loric019
loric019 loric019
loric012
loric012 loric012
loric018
loric018 loric018
loric005
loric005 loric005
loric008
loric008 loric008
loric011
loric011 loric011
loric007
loric007 loric007
loric021
loric021 loric021
loric010
loric010 loric010
loric017
loric017 loric017
loric013
loric013 loric013
loric022
loric022 loric022

Playfish

  • Playfish pubblicazioni (25)

    Playfish era un foglio di informazione acquariofila, pubblicato gratuitamente a cadenza irregolare fino al 2009 da appassionati provenenti da varie associazioni italiane. 
    Qui potete trovare tutti i numeri di Playfish usciti, gli speciali in collaborazione con altre associazioni hobbistiche e i calendari con le più belle foto scattate dai soci di tutte le associazioni italiane.

Cerca